Ancillary Mercy, di Ann Leckie – Fantascienza
Ancillary Mercy è il terzo e ultimo volume della saga Ancillary, nota anche come Trilogia del Radch, dell’autrice statunitense Ann Leckie. In Italia è uscito prima come volume singolo nella collana Urania (tra l’altro con una cover superba), poi insieme ai due precedenti in una Titan Edition della Mondadori. Avevo parlato del primo volume in questo post e del secondo in quest’altro post, era decisamente tempo di chiudere la partita.
In Ancillary Justice avevamo conosciuto la protagonista Breq, che un tempo era la mente senziente di una nave spaziale, abituata a esistere contemporaneamente in decine di corpi (membri dell’equipaggio detti ancelle), e avevamo appreso del suo conto aperto nientemeno che con Anaander Mianaai, la Lord che sta a capo dell’impero del Radch. In Ancillary Sword, avevamo imparato qualcosa in più sull’assetto di questo impero, sulle sue settordicimila regole sociali e religiose, sui contrasti interni che lo animano e che dilaniano la stessa imperatrice, la cui coscienza è suddivisa fra diverse entità, alcune delle quali in guerra aperta con le altre.
In Ancillary Mercy, la legittima aspettativa è che i nodi vengano al pettine: le aliene Presger perderanno infine la pazienza e decideranno di atomizzare l’impero? Ci sarà uno scontro decisivo tra Breq e Anaander Mianaai? Cosa si nasconde esattamente dietro quella lontana area del cosmo detta Varco Fantasma? L’arma di origine Presger, finita nelle mani di Breq nel primo volume della trilogia, verrà usata?
Ecco, alcuni nodi sì, vengono sciolti, ma a quanto pare non era questa la priorità dell’autrice. La storia, invece che allargarsi – come ci si poteva aspettare – al resto dell’Impero, dei pianeti che lo popolano e delle flotte che lo sorvegliano, tende a rimanere concentrata sull’equipaggio della Mercy of Kalr e sui personaggi che la popolano o quantomeno transitano da essa, come la stessa Breq ma anche Seivarden, l’ex nobile che ancora fatica a trovare il suo posto nel mondo; Zeiat, l’interprete inviata dalle Presger, probabilmente un’arma in forma umana; o ancora Tisarwat, un tempo pedina di Anaander Mianaai, che si è volutamente fatta rimuovere gli impianti legati al suo stato di spia e sta sviluppando una personalità propria (qualcuno ricorda Sette di Nove, da Star Trek Voyager?). Sono sempre le loro vicissitudini ad occupare il grosso del romanzo, come a intendere che, per quando sconfinato sia l’Impero del Radch, alla fine quello che conta (a livello sia micro che macroscopico) sono le vite dei singoli, la loro crescita, i loro amori, i loro conflitti.
La Trilogia del Radch è complessa, dal punto di vista dei contenuti come del linguaggio; ci vuole impegno per leggerla, capirla e alla fine anche godersela, ma alla fine ne vale la pena (c’è poco da fare, di Breq ci si innamora perdutamente). L’edizione completa italiana non è comodissima da maneggiare, peraltro come tutte le Titan Edition, ma ha il pregio di contenere in appendice i racconti “Il lento veleno della notte” e “Lei comanda e io obbedisco”, anch’essi ambientati nell’universo di Ancillary.