Writing for Comics, di Alan Moore – Librini
Writing for Comics è un brevissimo saggio di Alan Moore, pluripremiato sceneggiatore britannico di fumetti, pubblicato nel 2003 da Avatar Press e tradotto in Italia nel 2012 da Panini Comics (un’altra edizione era uscita nel 2007 per i tipi di ProGlo).
[“Librini” è una rubrichetta aperiodica di questo blog, dedicata a volumetti super-agili da leggere d’un fiato.]
Il saggio originale risale al 1985-86 ed era apparso a puntate su una fanzine inglese (più un’appendice qualche anno dopo su The Comics Journal). All’epoca Alan Moore non aveva ancora scritto Watchmen, né From Hell, né Batman: the Killing Joke, né la League of Extraordinary Gentleman. Ma… aveva già scritto V for Vendetta e un lungo ciclo di episodi di Swamp Thing. Da queste opere, e dall’annual n. 11 di Superman, trae numerosi esempi per chiarire gli aspetti teorici del manuale. L’edizione italiana, un volumetto di una cinquantina di pagine, ripubblica il testo degli anni Ottanta con l’aggiunta di una postfazione che riflette i cambiamenti di prospettiva dell’autore, a distanza di tanti anni, sul mestiere di chi scrive (per i fumetti, la narrativa, il cinema ecc).
Non definirei Writing for Comics una lettura imprescindibile, dato che contiene nozioni più che familiari a chiunque abbia un po’ bazzicato i fumetti e la relativa manualistica: suggerimenti sull’individuazione dell’idea alla base della storia, sui raccordi fra una scena e l’altra, sulla profondità dei personaggi e del worlbuilding eccetera.
Ciononostante, restano a mio avviso due forti motivi di interesse in questo “librino”. Il primo è una delle primissime considerazioni, ovvero che c’è una bella differenza tra l’idea e la trama. Idea è di cosa davvero vuoi parlare, cosa vuoi trasmettere, la tua visione di un certo argomento o di una certa porzione di mondo. Trama è quell’intreccio di personaggi ed eventi che, in modo più o meno plateale, veicolano la tua idea. Va da sé che a questa differenza corrisponde anche un giudizio estetico: una trama senza idea rimarrà una minestrina riscaldata senza valore aggiunto.
Il secondo punto interessante si trova nella postfazione, dove Moore raccomanda ad autori e aspiranti tali di non affidarsi al mestiere ormai acquisito e ai suoi trucchi; e quindi finisce per rinnegare, almeno in parte, alcuni insegnamenti di natura squisitamente tecnica che aveva inserito. Anche in questo caso, il giudizio estetico si fa sentire: puoi accontentarti del mestiere se vuoi campare sostanzialmente di rendita (e magari campare anche molto bene), ma se il tuo obiettivo nello scrivere è la scrittura in quanto tale, allora devi andare oltre, abbandonare i sentieri già battuti mille volte e lanciarti nel vuoto senza paracadute.
Il volumetto è esaurito da diverso tempo, ma lo si può reperire nel mercato dell’usato. A mio avviso ne varrebbe la pena, sia per gustare la prosa saggistica di un Alan Moore insolitamente pacato e distinto, sia per ritrovare un po’ del senso stesso della scrittura, sotto la patina della tecnica e della professione maturata negli anni.