I Centomila Regni, di N.K. Jemisin

I Centomila Regni, dettaglio dalla copertina dell'edizione inglese
I Centomila Regni, dettaglio dalla copertina dell'edizione inglese

I Centomila Regni, di N.K. Jemisin, è il primo romanzo della Trilogia della Successione, che Mondadori ha pubblicato in un librone della collana Oscar Draghi contenente anche gli altri due romanzi.

N.K. JemisinIntanto un punto fondamentale, che riguarda il mio modo di leggere ma forse anche quello di altri: ho capito che, se voglio seguire bene le vicende narrate da questa autrice, i suoi romanzi devo leggerli a spron battuto. Jemisin cesella degli universi talmente complicati, e soprattutto li presenta in modo talmente discontinuo e frastagliato, che se lascio passare troppo tempo tra una sessione di lettura e l’altra, mi dimentico pezzi importanti che poi faccio una fatica tremenda a rimettere al loro posto.

Il worlbuilding della Successione ha qualche parentela con quello della Terra Spezzata (trilogia anch’essa): in entrambi i casi viene messo un scena un mondo basato su oppressioni, crudeltà gratuite e giochi di potere, con equilibri talmente precari che un granello nell’ingranaggio è sufficiente a causare forti smottamenti. Nel caso dei Centomila Regni, il ritorno in famiglia di una erede in esilio, poco prima dell’abdicazione del vecchio sovrano a vantaggio di uno nuovo, scombina un sacco di carte in tavola (come succedeva, ora che ci penso, anche in The Goblin Emperor di Katherine Addison): anzitutto perché l’erede in questione, che è poi la protagonista del romanzo, ha un paio di conti in sospeso da regolare con la famiglia di origine, e poi perché aver vissuto per anni lontana da quella famiglia e dal suo ambiente le permette uno sguardo critico e consapevole nei confronti delle loro spietate abitudini.

I Centomila Regni, edizione ingleseLa mitologia, anzi la cosmogonia alla base del romanzo affonda le radici nelle leggende più antiche di ogni parte del mondo, dove si parla di divinità ancestrali a cui si deve la creazione del mondo ma che rappresentano anche gli istinti primordiali del genere umano. Allontanando queste divinità da un mondo empireo e costringendole a vivere insieme agli umani, anzi per certi versi schiave degli umani, Jemisin mette in luce le meschinità delle une e degli altri: nel libro si parla di torture, di uxoricidio, di fratricidio, di sacrifici sanguinari. E si parla anche di pulsioni molto lontane dai criteri di convivenza e moralità a cui siamo abituati, quindi di incesto, poliamori e passioni brucianti per divinità oscure che fungono da specchi in cui rimirare le nostre stesse bassezze e miserie.

Il tutto mi ha fatto pensare a una versione più matura e spietata degli Eternals, semidei che talvolta soffrono il loro non essere né divinità né persone; compreso un semidio-bambino che in realtà è antico quanto il mondo ma è condannato a un’infanzia quasi eterna, quindi anche in questo caso una situazione a metà che gli impedisce di crescere e di conoscere veramente il mondo e i suoi risvolti.

Il volume Mondadori che contiene I Centomila RegniGli Aramari, questa famiglia nobile e spietata che vive in un mondo tutto suo, padroni di una potenza indicibile, mi hanno ricordato anche gli Endless creati da Neil Gaiman nella saga di Sandman. Non mi stupirei che parte della formazione narrativa e culturale di Jemisin fosse passata attraverso queste e altre collane di fumetti (pensandoci un attimo, gli Orogeni brutalmente schiavizzati nella Trilogia della Terra Spezzata per via dei loro poteri sovrumani non ricordano certe bellissime saghe degli X-Men?).

Con un worldbuilding così complicato e lento a rivelarsi, e a dirla tutta anche piuttosto difficile da inquadrare in modo coerente e chiaro, I Centomila Regni ha bisogno di una partenza lenta, che si trascina per diversi capitoli prima che succeda qualcosa di veramente significativo: ma da quel punto in poi è un turbine di eventi e di scoperte appassionanti, con un conto alla rovescia che ci avvicina inesorabilmente al destino della protagonista. Il finale forse è un po’ troppo mistico per i miei gusti, avevo preferito l’approccio più “terreno” e pragmatico della dilogia del Dreamblood; ma l’architettura della storia è solida e nasconde tante sorprese: questo viaggio me lo sono goduto.

I volumi inglesi della trilogia

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