
Daredevil: Rinascita è la serie tv del Marvel Cinematic Universe che ha finalmente dato un seguito alla serie Daredevil, trasmessa anni fa su Netflix per un totale di tre stagioni.
Il cast è in parte lo stesso (in particolare Charlie Cox nel ruolo di Matthew Murdock alias Daredevil, visto per l’ultima volta come ospite nella serie She-Hulk, e il grande Vincent D’Onofrio nel ruolo di Wilson Fisk alias Kingpin), mentre lo showrunner che si è assunto il gravoso compito di creare una nuova serie capace di raccogliere l’eredità della precedente è Dario Scardapane, a capo di una nutrita squadra di sceneggiatori e registi.
Una premessa: il titolo (Rinascita, in inglese Born Again) non c’entra nulla con l’omonima storyline pubblicata sulla serie a fumetti di Daredevil a metà degli anni Ottanta e firmata da due mostri sacri come Frank Miller (testi) e David Mazzucchelli (disegni). Per inciso, è una storia stupenda e ristampata più volte in volume, metteteci le mani sopra a ’sto gioiello! La trama generale della serie tv è parzialmente ispirata a un arco narrativo diverso, che risale al 2021/22 e si intitola Devil’s Reign, realizzato da Chip Zdarsky (testi) e Marco Checchetto (disegni); e su questo arco innesta elementi raccolti da altri momenti della storia fumettistica del diavolo rosso, come i personaggi di Heather Glenn e Muse – senza dimenticare l’ambigua e fondamentale presenza di Vanessa Fisk, la moglie di Kingpin. Dalla vecchia serie tornano anche Foggy, Karen, Bullseye e soprattutto Punisher.
Nel complesso, la serie a me è piaciuta e ne consiglierei una bella maratona con tutte le 9 puntate, da spararsi in un giorno, massimo due. Non tutte le sottotrame sono allo stesso livello di intensità, ma alcune sono davvero notevoli e permettono a vari personaggi di evolversi in modi mooolto interessanti. Qualche altro limite l’ho individuato più che altro a livello estetico: alcuni passaggi un po’ rigidi, fra quelli realizzati in computer grafica, e un tono di colore generalmente un po’ tetro, come se tante scene fossero state appositamente “scurite”, cosa che per carità si adatta all’atmosfera della storia, ma alla lunga stanca.
La storia principale, che secondo me funziona molto bene, procede su due piani. Il primo riguarda il modo in cui le vite dei due protagonisti si ostacolano a vicenda: un criminale che diventa sindaco, un avvocato che si oppone a delle ingiustizie e a dei crimini legati in parte proprio a quel criminale. Il secondo piano, ben più importante, è quello delle loro lotte interiori: il loro vero io spinge per uscire, ma loro (per ragioni diverse) lo tengono imbottigliato, giù in fondo allo stomaco. Se alla fine esce, anzi quando inevitabilmente esce, bisogna farci i conti e non è mai facile.
Mi è piaciuta molto anche la dimensione corale che emerge un pezzetto alla volta: non è “Daredevil contro tutti i cattivi di New York”, è più uno stile di vita che si oppone a un altro. E se la gang che ruota intorno a Kingpin è chiaramente selezionata e assoldata da lui stesso, giocando su avidità, ambizione e paura (praticamente dei MAGA, ma di quelli proprio fanatici), al contrario le persone che si riuniscono intorno a Daredevil sul finale ci arrivano tutte in modi diversi e per mille ragioni diverse. Un sospetto: la battuta dell’ultimo episodio “ci serve un esercito”, più che riferirsi agli aiutanti visti sul finale, sembra voler aumentare l’hype per la stagione successiva di Daredevil: Rinascita, in uscita fra un anno. I produttori Marvel vorranno recuperare altri personaggi delle vecchie serie Netflix? Molti fan ci sperano. Io solo all’idea vado in estasi. ^_^