“Sul racconto” di Roland Barthes – Librini
Sul racconto è un librino di formato molto piccolo e di appena 80 pagine, edito da Marietti 1820. Ed è un librino con cui ho molto litigato.
Cerca di capirmi: ero tutta bella fiera dopo essermi letta Postverità il mese scorso, e aver quindi rispolverato un po’ di formazione accademica… inoltre ero anche contenta perché sto centellinando la lettura di un volumone di saggi di semiotica applicata alle serie televisive… così, notando in libreria questo fascicoletto, in mezzo ad altri librini vicino alla cassa, avevo pensato: evvai! Un altro! E poi Roland Barthes, quello di Miti d’oggi, mica pizza e fichi. Di più: Roland Barthes “intervistato” da Paolo Fabbri, un docente di cui a suo tempo avevo seguito qualche lezione. Ancora meglio: con postfazione di Gianfranco Marrone, che non ho mai visto/conosciuto di persona, ma di cui avevo letto e studiato in modo quasi famelico un saggio bellissimo che si intitola Sei autori in cerca del personaggio (oggi disgraziatamente fuori catalogo). E poi il meglio del meglio: un pamphlet che parla del racconto, della narrazione, quindi alla fin fine anche di scrittura.
C’erano tutte le premesse per una lettura agile, appassionante, istruttiva…
Invece macché, niente da fare. Perché, lo dico a testa bassa, Sul racconto di Roland Barthes è troppo difficile per me. Ci sono riferimenti alla semiotica strutturalista, che già digerivo a fatica a suo tempo e adesso non sono più in grado di capire (mi va già bene se ricordo qualcosa dei formalisti russi), ci sono agganci all’antropologia e alla linguistica, discipline che nel mio percorso universitario ho sfiorato ma non studiato davvero… insomma mi sono persa, sono stata messa davanti ai limiti della mia memoria e della mia mente in modo netto, quasi crudele benché istruttivo. E credo che un lettore ancor più lontano da queste materie ci si perderebbe di più.
Eppure ci sono frammenti, qua e là nel testo, piccoli squarci di luce che illuminano alcuni temi, alcune domande, alcuni ragionamenti che chiunque si interroghi sulla narrativa ha incontrato prima o poi. Allora forse dove non arrivano più la memoria e lo studio, arriva la riflessione, il meditare. Il pensare: ah ma guarda un po’, questa parola o questa frase hanno stimolato qualcosa, hanno acceso una micro-lampadina che forse un giorno mi tornerà utile.
Per esempio questo passaggio: «La narrazione rinvia a una situazione narrativa, che è l’origine sociale che dipende e muta secondo la società. In società di tipo tradizionale o rurale la narrazione si faceva in circostanze ben definite. Il mito stesso è sottoposto a protocolli di racconto molto fissi, stabiliti, rigidi, ed anche nelle società moderne si può dire che esistano dei protocolli di lettura attraverso l’istituzione o cose simili. Tuttavia, a questo punto, si lascia l’oggetto “racconto” in quanto analisi immanente per passare a sistemi del mondo e non a sistemi di racconto.»
Il rapporto tra quanto viene narrato e il contesto in cui la narrazione si sviluppa è un tema affascinante! Inoltre ci sono altri input che mi saranno anche arrivati in modo confuso, poco più che intuitivo, ma hanno piantato un semino. E fra tanti semini, prima o poi qualcuno germoglia.