Black Panther: Wakanda Forever – Fantascienza
Black Panther: Wakanda Forever è il film del Marvel Cinematic Universe, uscito nel 2022, che costituisce il seguito di Black Panther (2018). La prematura scomparsa dell’allora protagonista, Chadwick Boseman, ha ovviamente comportato un ripensamento generale della trama e del posizionamento del film nel MCU.
A ritardare l’uscita nelle sale di questo secondo Black Panther si sono messe anche la pandemia e le condizioni di salute, non sempre ottimali fra Covid e infortuni, della protagonista Letitia Wright. La storia ruota infatti attorno alla principessa wakandiana Shuri, sorella del defunto T’Challa, che si ritrova nello stesso momento a dover affrontare un nuovo, potente nemico (Namor, sovrano del regno sottomarino di Talokan) e l’elaborazione del lutto per la perdita del fratello maggiore.
Mi è piaciuta la resa di Namor (a parte il piercing al naso che ho trovato troppo ingombrante), soprattutto il caratteraccio che mostra anche nelle storie a fumetti: personalmente ho sempre ritenuto Namor un rompiballe terrificante, che alterna momenti di regale saggezza ad altri di collera irrefrenabile, manco fosse Hulk. Anche il continuo voler giustificare se stesso con le angherie subite in gioventù (come se mezzo universo Marvel non ne avesse passate di cotte e di crude) peggiora il quadro generale: ritengo quindi che il “suo” finale sia stato coerente con la caratterizzazione nell’intero film.
Quanto a Shuri e agli altri personaggi wakandiani, devono tutti fare i conti con la scomparsa di T’Challa: lo scostamento degli equilibri personali e di potere conduce a errori e incomprensioni, è come se ci fosse un enorme caos che necessita di lavoro e sacrificio per rimettersi in ordine. In tutto ciò si inserisce un elemento esterno (la geniale progettista Riri Williams) che diventa il perno narrativo intorno a cui i vari fili della trama si annodano.
Da questo punto di vista la storia è fin troppo costruita a tavolino, seguendo in modo un po’ pedissequo le tappe del viaggio dell’eroe. Se nel primo Black Panther ci si aspettavano giustamente le origini del supereroe e il percorso affrontato per guadagnare quell’identità, nel secondo Black Panther è stato percorso un sentiero analogo per fissare l’identità di Shuri, della regina Ramonda (struggente l’interpretazione di Angela Bassett), della guerriera Okoye eccetera. Possibile che non ci fosse una strada più originale?
Non so, ho dei dubbi: non mi sembra che l’elaborazione del lutto sia stato un tema sufficiente a dare una specifica singolarità al film. Oppure è solo che, dài e dài, i prodotti del MCU iniziano a essere fatti un po’ con lo stampino e hanno bisogno di una sterzata basata su nuovi obiettivi, che non siano per forza la conquista dello status di supereroe.