Racconto: “Apparenze”
Dopo più di un anno passato a districarmi fra trasloco, ristrutturazione della casa e infima produttività scrittevole, credo di essere passata a una fase di transizione nella quale alterno momenti di efficienza ad altri di assoluta distrazione. La partecipazione al NaNoWriMo è stata cosa buona e giusta, ma assieme a una certa quantità di materiale prodotto si è lasciata dietro un tot di macerie, che ho più o meno gestito nei due mesi successivi. Sono tentata dall’idea di partecipare al Camp NaNoWriMo di aprile, ma non ho ancora deciso.
Nel frattempo, seminari di scrittura e concorsi (me ne sono segnata quattro o cinque che scadono fra adesso e fine giugno) mi aiutano a tenere alta la soglia di attenzione alla scrittura e mi invogliano a scrivere dei racconti brevi. Quando possibile, cerco di collegarli a The Silent Force, come nel caso di “Apparenze”, che nasce dalla rielaborazione di un vecchio capitolo scritto per il romanzo.
Il piccolo contest a cui lo invio, intitolato “La coppia perfetta”, mi da l’occasione di esplorare (entro un limite di 5000 battute) uno dei miei temi preferiti: il cameratismo al femminile (nell’immagine accanto, una delle coppie perfette a me più care: Olympia Dukakis e Shirley McLain in Fiori d’acciaio – in originale Steel Magnolias, 1982). Insomma mi sono divertita, poi vedremo come andrà. In palio c’è un piccolo, gustosissimo premio: una fan-art dei propri personaggi. La fumettomaniaca che vive in me non poteva esimersi dal tentare. Se vi interessa leggere il racconto, visto che il regolamento del contest non ne impedisce la pubblicazione, eccolo qui:
APPARENZE
La locandiera raccolse gli avanzi della cena e suo marito accompagnò le clienti al piano di sopra. Ne aveva riconosciuta una grazie alla divisa, al simbolo del lupo, agli insoliti capelli candidi. Fra gli ufficiali della Guardia Imperiale, Shalimar Frost vantava una certa notorietà.
Sul mantello dell’altra non compariva alcuna effigie. Eppure la lana preziosa con cui era tessuto e il folto pelo che lo rifiniva indicavano che la donna apparteneva a una ricca casata nobiliare.
Era in viaggio per qualche motivo e l’ufficiale le faceva da guardia del corpo, concluse il locandiere. Certo però, che imporre al capitano Frost un ruolo così sminuente, rispetto alla sua fama, era un atto di grande arroganza. I rapporti fra le due dovevano essere molto tesi. Eppure non sembrava.
A meno che… fossero legate da una relazione contronatura!
Insospettito, l’uomo fissò la nobildonna, intenta a scaldarsi davanti al fuocherello che scoppiettava nel camino della loro camera. La sua fisionomia era curiosa, ogni elemento insolito se preso a sé stante: gli occhi sottili, il naso affilato, le sopracciglia appena asimmetriche. Ma riuniti in quel volto pallido, circondato da morbidi capelli biondi, sortivano un effetto armonico e magnetico.
– Potete ravvivare il fuoco? – chiese Shalimar.
– Subito, mia signora – si scosse il locandiere. Prese due ciocchi di legno dalla catasta nell’angolo e li pose nel camino.
– La legna è a vostra disposizione. Potete tenere accesa la fiamma per tutto il tempo che vorrete – disse avviandosi alla porta. – Buonanotte, mie signore.
– Buonanotte a voi. I vostri servigi saranno generosamente ricompensati – mormorò la nobile, riservandogli un caloroso sorriso.
Lui arrossì fino alla cima dei capelli. Farfugliò qualcosa, uscì e si chiuse la porta alle spalle, così veloce che corse il rischio di sbatterla. Il rumore dei suoi passi si allontanò fino a sparire.
Le due donne rimasero in silenzio per pochi secondi, poi scoppiarono a ridere.
– Tu volevi farlo morire! “I vostri servigi saranno”… com’è che hai detto?
– …”generosamente ricompensati”. Dai, Shalimar, è una frase di cortesia.
– Lui si imbambola a guardarti, tu gli fai quella faccia e mi dici che si chiama cortesia – ridacchiò l’ufficiale. – A casa mia, si chiama “aspettami alzato”.
L’altra scrollò le spalle.
– È belloccio, no?
– È sposato, Leonore! E tu sei impegnata… fidanzata… o quel che è.
– Ah, sì – ammise la donna bionda con noncuranza. – La vita è ingiusta.
– A meno che… – proseguì Shalimar.
– A meno che?
– Il fidanzato di vossignoria la duchessa non è soddisfacente?
– Shal! – esclamò Leonore fingendosi scandalizzata. – Che domande sono? Per tua informazione, Rei è molto soddisfacente. Però so apprezzare un bel panorama.
– Io lo so, che ti limiti ad apprezzare. Quel poveretto no.
– Oooh, sembra che gli abbia inflitto una tortura! Basta farmi la morale. Piuttosto, hai l’aria stanca. Dovresti dormire.
– Questo è vero – fece l’altra. Slacciò cintura, spada e fodero, e li posò in un angolo. Si tolse gli stivali e si accomodò su una sedia, stendendo le gambe davanti al fuoco. Emise un mugolio soddisfatto.
- Brrr, ho i piedi gelati – disse Leonore seguendo il suo esempio.
– Esagerata. Non abbiamo mica attraversato un ghiacciaio.
– I tuoi stivali sono più caldi dei miei.
– Sono foderati di pelo! Potevi mettere anche tu qualcosa del genere.
– Gli stivali col pelo sono da cafoni. È una questione di stile.
– Preferisci avere i piedi gelati, piuttosto che rinunciare al tuo “stile”?
– La perfezione richiede costanza, amica mia. Non ho più vent’anni, devo curare i dettagli.
– Salvatemi dalle aristocratiche vanitose – sbadigliò Shalimar. Si alzò e avvicinò la sedia al camino. Piegò in due il suo mantello e lo stese sullo schienale della sedia.
– Vado di sotto, mi serve il bagno.
Leonore si godette il tepore del fuoco. Tirò fuori l’abbigliamento per la notte, si cambiò, si diede una spazzolata ai capelli. A dispetto delle lamentele sul freddo, aprì gli scuri e contemplò il cielo stellato, oscurato qua e là da banchi di nuvole.
Quando Shalimar tornò, la duchessa si era già infilata nel letto.
– Comodo?
– Mmm… dormirò come un sasso.
L’ufficiale prese il mantello, rimasto vicino al fuoco per un buon quarto d’ora, e lo adagiò sul letto di Leonore, coprendola ulteriormente dalle ginocchia in giù.
– Nel caso le coperte non bastassero ai tuoi poveri piedi gelati – disse con una punta di ironia.
– L’aristocratica ringrazia del pensiero – sorrise Leonore.
– Sì, sì – tagliò corto Shalimar, intenta a cambiarsi. – Dopotutto, sono stata io a trascinarti in giro, soltanto perché viaggiare da sola mi annoia. Il minimo è non farti ibernare.
Si rannicchiò sotto le coperte e chiuse gli occhi.
– Se stanotte hai ancora freddo, chiamami che penso io al camino. Tu come minimo daresti fuoco alla locanda.
– Umpf – bofonchiò la duchessa. – Buonanotte, Shal.
– Buonanotte.
Per un minuto, nella stanza regnò il silenzio.
– Oppure, se ho freddo, potrei andare a trovare quel bel pezzo di…
– LEONORE!!!