Lasciami andare madre, di Helga Schneider – Librini
Lasciami andare, madre è un pugno allo stomaco. Non perché l’autrice Helga Schneider ricerchi volutamente effetti di crudezza e di disgusto, anzi il suo è uno stile asciutto, secco, in certi casi perfino elementare. No, il punto è proprio che la quasi assenza di stile toglie ogni possibile velo alla squallida realtà che la storia racconta: quella di una madre che, discepola fanatica del Quarto Reich e della dottrina nazista, nel 1941 pianta marito e figli piccoli per andarsene a fare la kapò nei lager di Ravensbrück e Auschwitz-Birkenau.
[“Librini” è una rubrichetta aperiodica di questo blog, dedicata a volumetti super-agili da leggere d’un fiato.]
Si tratta, purtroppo, di una storia vera. Fatta eccezione per un incontro fugace avvenuto nel 1971, Helga e sua madre si rivedono solo nel 1998: la prima fa visita alla seconda, quasi novantenne e malata di demenza senile, in un ospizio a Vienna. Questo è appunto quanto narra il libro: l’incontro all’ospizio. Qualche ora di dialogo, inframmezzata da momenti autobiografici, in cui l’autrice cerca disperatamente di provare solo odio e repulsione per la persona malvagia che si ritrova di fronte, ma non può non riconoscere comunque in lei sua madre e non può rimanere indifferente ai suoi momenti di fragilità e di dolore, dovuti alla vecchiaia e alla debolezza. Insieme, però, a quelli in cui l’anziana donna insiste a dichiararsi orgogliosa del suo lavoro ai campi di concentramento, dalla gestione dei forni crematori ai servizi resi al dottor Mengele. Affermazioni di fronte alle quali l’autrice non può che volersi completamente distaccare dalla persona che ha di fronte, senza mai riuscirci del tutto.
“Pensiero intollerabile, madre, quei bambini piccoli separati dalle madri per essere inviarti, soli, alle camere a gas. Pensiero intollerabile: che di tutto questo la mia stessa madre sia stata complice.”
Dalle poche pagine di Lasciami andare, madre traspare la consapevolezza di quanto ideologie e fedi cieche possano stravolgere le menti, trasformando le persone in strumenti di crudeltà. Una lettura importante per renderci conto di quanto sono labili i confini fra l’entusiasmo e la cecità, fra l’ideologia e la ferocia.