Canto di Natale, di Charles Dickens – Fantasy
Canto di Natale, romanzo breve (o racconto lungo) di Charles Dickens uscito nel 1843, può a ben diritto essere considerato un fantasy.
Il titolo originale è A Christmas Carol, dove un “carol” non è una canzone qualsiasi ma più un inno, un canto tradizionale e/o religioso, come appunto quelli natalizi, che hanno nei testi e nelle melodie un che di fiabesco, a volte gioioso, a volte malinconico.
L’opera di Dickens non è allegra né agrodolce, ma ha più le caratteristiche di una fiaba antica, di quelle tenebrose, che mettono in guardia contro i pericoli e mostrano le conseguenze dei comportamenti malvagi o imprudenti. E proprio di comportamenti malvagi qui si parla: il protagonista Ebenezer Scrooge è un avaraccio senza scrupoli, che pensa solo agli affari e non esita a maltrattare il resto del mondo. Il successo negli affari, però, se perseguito in questo modo ha delle conseguenze: prima fra tutte la solitudine, ma non solo. Il vecchio Scrooge se ne renderà conto una notte di Natale, quando dei fantasmi (l’ho detto che è un fantasy!) verranno a fargli visita e a donargli uno sguardo nuovo sulla sua vita. Il titolo originale completo dell’opera recita infatti: A Christmas Carol, in Prose. Being a Ghost-Story of Christmas. Ovvero: Un canto di Natale, in prosa. Cioè una storia di fantasmi natalizia.
La tradizione antica delle fiabe si intreccia quindi con quella dei racconti di fantasmi, quelli che i ragazzi narravano un tempo attorno al fuoco… e forse, ai giorni nostri, durante i pigiama party (magari con l’aiuto di qualche app sul cellulare). La storia narrata da Dickens è diventata famosa anche per la trasposizione di casa Disney con il celebre cortometraggio del 1983, Canto di Natale di Topolino (ed. or. Mickey’s Christmas Carol), in cui Ebenezer è “interpretato” da Zio Paperone (non a caso, visto che proprio al protagonista del Canto di Natale si era ispirato il fumettista Carl Barks quando creò il ricco papero). Un’analoga versione disneyana del Canto era stata realizzata a fumetti da Guido Martina e pubblicata nel 1982 sul numero 1412 di Topolino; l’anno scorso, sempre il Canto di Natale è comparso nuovamente su Topolino, per l’esattezza sul numero 3448, in una storia di Marco Nucci e Paolo Mottura che vede protagonista Nonna Papera. Una ulteriore versione animata del Canto, con una forte componente musicale, è stata distribuita pochi giorni fa su Netflix.
Tornando indietro alla versione originale in prosa, ovviamente ce ne sono diverse edizioni: io ne ho una piccola ed economica di Garzanti, ma credo che prima o poi mi regalerò la versione Neri Pozza, che vanta le illustrazioni del bravissimo Manuele Fior. Per essere un testo uscito quasi due secoli fa, l’ho trovato sorprendentemente fresco. A partire dall’incipit fulminante: «Marley era morto, tanto per cominciare», e dal tono spigliato con cui procede la narrazione. Dickens si rivolge ai lettori, si concede divagazioni, inserisce dialoghi secchi e veloci, adatti alla personalità di Ebenezer Scrooge che ama tagliare corto su qualsiasi cosa. Eppure questo stesso personaggio è spontaneo e commosso, nelle sue reazioni davanti ai ricordi del Natale passato e alle scoperte sui Natali presente e futuro; si lascia stupire dalle rivelazioni offerte dagli spiriti, si lascia cambiare, riconosce le sue colpe e la sua superficialità.
Le scene che gli si palesano davanti sono descritte con un’intensità talvolta quasi violenta: in particolare, ho trovato sconvolgente la metafora dell’Ignoranza e della Miseria, personificate in due bambini destinati a un futuro orribile – e Dickens era uno che alle ingiustizie sociali del suo tempo faceva molta attenzione e si pronunciava spesso contro di esse.
Consigliato? Altroché, e non semplicemente perché è un classico né perché siamo nella stagione natalizia: ma proprio perché la scrittura di Dickens è efficacissima e non dimostra nemmeno un po’ i tanti anni che ha sul groppone.