È terribile tu non sia dei nostri – Citazioni 6
Non sono un’esperta di poesia. Ho competenze risicatissime in materia, che risalgono in buona sostanza alle lezioni di letteratura italiana del liceo e dell’università.
Però, fra i pochi poeti di cui ho una minima conoscenza, nutro da anni un’ammirazione viscerale per Mario Luzi (1914-2005) e sono dispiaciuta che, nonostante le numerose candidature, non abbia mai ricevuto il Premio Nobel. Nel dicembre del 1994 presenziò a Torre delle Ore, un’iniziativa di musica e poesia che lo vedeva protagonista insieme a Luciano Sampaoli: in quell’occasione, conquistai un suo autografo che conservo tuttora come un tesoro.
Amo i versi di Mario Luzi perché toccano corde a me care come la nostalgia, il rimpianto, il timore di non riuscire a spiegarsi o di non essere mai del tutto compresi, un costante duello fra la fedeltà a se stessi e l’importanza del pensiero altrui. Fra le poesie che meglio mi comunicano questa tensione c’è “Presso il Bisenzio”, che apre la raccolta Nel magma (1963) e di cui riporto qui alcune righe:
Ascolto insieme i passi nella nebbia dei compagni che si eclissano
e questa voce venire a strappi rotta da un ansito.
Rispondo: «Lavoro anche per voi, per amor vostro.»
Lui tace per un po’ quasi a ricever questa pietra in cambio
del sacco doloroso vuotato ai miei piedi e spanto.
E come io non dico altro, lui di nuovo: «O Mario,
com’è triste essere ostili, dirti che rifiutiamo la salvezza,
né mangiamo del cibo che ci porgi, dirti che ci offende.»
Lascio placarsi a poco a poco il suo respiro mozzato dall’affanno
mentre i passi dei compagni si spengono
e solo l’acqua della gora fruscia di quando in quando.
«È triste, ma è il nostro destino: convivere in uno stesso tempo e luogo
e farci guerra per amore. Intendo la tua angoscia,
ma sono io che pago tutto il debito. E ho accettato questa sorte.»
E lui, ora smarrito ed indignato: «Tu? tu solamente?»
Ma poi desiste dallo sfogo, mi stringe la mano con le sue convulse
e agita il capo: «O Mario, ma è terribile, è terribile tu non sia dei nostri.»
E piange, e anche io piangerei
se non fosse che devo mostrarmi uomo a lui che pochi ne ha veduti.
Poi corre via succhiato dalla nebbia del viottolo.