Due personaggi, una location, un incontro – Workshop 3
Quanto e cosa può dirci una location quando siamo alle prese con un’idea per una storia?
Il terzo esercizio del workshop “Ogni incontro, una storia” condotto da Annamaria Testa a Ferrara trattava più o meno questo argomento. Consisteva nel partire da una fotografia di questo luogo…
…ovvero la Grand Central Station di New York. Dopodiché immaginare come potrebbe svolgersi un incontro, in quella location, fra il nostro personaggio, quello di cui avevamo inventato la biografia a inizio workshop, e il personaggio della foto che ci era stata mostrata durante l’esercizio precedente. Chiaramente la location determina almeno in parte il genere di incontro che si prospetta fra i due: apre una serie di possibilità e ne chiude un’altra serie. Per dire: potranno trovarsi in fila insieme alla biglietteria, ma non potranno fare una nuotata. E poi una stazione ferroviaria è un non-luogo, cioè uno di quei posti dove la gente passa ma difficilmente si ferma, e anche questo influenza il genere di storia (breve o lunga non importa) che può svolgersi in una location del genere.
Io ho pensato: lei canadese, lui italiano. Lei poetessa, lui elettrauto. E mi è venuta fuori questa scenetta:
Al tornello dell’uscita dal binario, Velma frugò nella borsa come un’indiavolata. In fila dietro di lei, Beppe attendeva con pazienza. Quando finalmente la donna ritrovò il biglietto e corse via, lui notò lo svolazzo della sua gonna. Solo poi, notò il libretto a terra. Lo sfogliò: erano frammenti di poesie, appunti. Sulla prima pagina, un nome e un telefono.
Cinque minuti e due isolati dopo, Velma era disperata. Non riusciva a credere di aver perso il quaderno. Quando le arrivò la telefonata di un tizio che, con un orribile accento italiano, balbettava “ài fàund iòr bùc”, scoppiò a ridere ancor prima di aver smesso di piangere.