Opporsi alla violenza, senza esibirla
Lo dico chiaro: riguardo alla violenza sulle donne non ho nulla da affermare, di più importante o significativo o approfondito, rispetto a tanti contributi che vedo su quotidiani, pubblicità sociali, siti internet, social network, eccetera. Non sono una psicologa, né una giurista, né un’assistente sociale, insomma nessuna figura professionale che mi permetta di avere uno sguardo particolarmente acuto sul tema. E direi che, per una persona anche solo mediamente civile, è abbastanza chiaro che qualsiasi tipo di violenza sulle donne (come su qualsiasi essere umano che per varie ragioni sia in condizioni di sudditanza o debolezza rispetto a un altro) va combattuta.
L’argomento su cui forse, per interesse e curiosità portata avanti per anni se non proprio per formazione professionale, posso permettermi di insistere è quello di come la si comunica, questa necessità di combattere la violenza sulle donne. E purtroppo tanti enti e tante persone, pur benintenzionate, commettono l’errore di diffondere un tipo di comunicazione che insiste sulla visualizzazione della donna picchiata (lacrime, lividi, ferite, corpi rannicchiati) e di conseguenza estetizza e normalizza quel tipo di immagine. A chi è già sensibile al tema, farà pensare “oh poverina, cose del genere non dovrebbero mai succedere”, ma rimane una cosa inutile se, appunto, si tratta della reazione di chi è già sensibilizzato; chi invece non è interessato, o peggio si rende colpevole di certe azioni, ci mette un attimo a percepire un’immagine del genere come se fosse bella o eccitante.
Cito da questo articolo: “È così necessario mostrare donne deboli, lividi, sguardi spaventati per sensibilizzare? O così facendo, si continua a trasmettere l’immagine errata di una donna che subisce e non conosce i suoi diritti?”
Altra citazione da altro articolo: “Chi si occupa di comunicazione su questo argomento sa bene che le immagini sono importanti e che anzi è negativo mostrare donne con i lividi, con le mani avanti a parare i colpi, come se l’unica narrazione possibile fosse quella di mostrare le donne come povere ancelle sfigurate in attesa dell’intervento paternalista di un principe azzurro. […] L’immagine vittimizza le donne, non ne riconosce la forza, la potenza e la capacità di sopravvivere.”
E infine, dal blog di Giovanna Cosenza (docente universitaria molto preparata in materia): “Non si combatte la violenza con immagini che la esprimono, non si promuove una cultura non violenta (o meno violenta) nei confronti delle donne se si insiste, imperterriti e spesso compiaciuti, a introdurre nel circuito mediatico immagini di violenza sulle donne, vere o false che siano.”
Cosa serve, al contrario, in termini di immagine? Oltre a campagne pubblicitarie diversamente orientate, come ad esempio quelle presentate nel primo articolo che ho linkato, serve proporre tutto l’anno, e non solo il 25 novembre, modelli sani: donne in salute, consapevoli, serene, impegnate nel seguire le loro passioni, combattive e gratificate sul lavoro al pari degli uomini, dotate di un dignitoso potere d’acquisto, capaci di rialzarsi e di gestire se stesse. Non per forza la campionessa olimpionica o la super-manager, non per forza modelli che possono risultare anche troppo difficili da raggiungere, ma quantomeno donne forti, competenti, soddisfatte di sé. Qualcuna che si possa ragionevolmente ambire ad essere.
Se poi una è irrimediabilmente legata all’immaginario fumettistico della sua infanzia, giovinezza e maturità, una Wonder Woman ci sta sempre bene, eh (soprattutto se si conosce bene il personaggio, che può essere di grande ispirazione se non ci si limita all’estetica dell’amazzone guerriera).
E in termini più concreti? Io mi butterei su un contributo, anche se piccolo, a chi di violenza sulle donne ne sa qualcosa. Per aiutare in generale le vittime di violenza, si può donare qualcosa alla Rete D.i.RE, l’associazione che coordina i centri antiviolenza italiani. Se invece volessi scegliere qualcosa di specifico, allora opterei per aiutiamole.it, che da oggi a Natale raccoglierà fondi per aiutare Valentina Pitzalis a sostenere le spese mediche e legali che ha dovuto affrontare da quando è stata bruciata e sfigurata dall’ex-marito. Per dimostrare che opporsi alla violenza sulle donne non è solo condividere e sensibilizzare, ma è anche agire.