Rettore – Icone 1
Nel 1979 avevo otto anni e, al mare, il juke-box mandava a ripetizione questo brano di Donatella Rettore, in arte solo Rettore.
Non capivo niente del testo, all’epoca il concetto di “chirurgia estetica” mi era del tutto estraneo (non che ora mi ci senta a mio agio). Allo stesso modo, non avrei capito niente di tanti altri suoi brani che avrei ascoltato in continuazione negli anni successivi: Eroe, Delirio, Kobra, Donatella, Lamette, Io ho te, Amore Stella. Li sapevo a memoria.
A colpirmi, tuttavia, più che la musica era il personaggio. Rettore sfoggiava un look sofisticato ma battagliero, trasmetteva l’immagine di una femme fatal synth-pop la cui aggressività era mitigata da un’autoironia solare, una bellezza degna di una statua greca, una voce limpida e il frequente uso, nell’abbigliamento, di colori vivaci e luminosi – il tutto con l’aggiunta di un tocco di androginia che ne faceva una gay icon. Ce n’era abbastanza per affascinarmi senza spaventarmi (ho sempre trovato molto intrigante il concetto di ambiguità) e infatti “Magnifico Delirio” fu la prima musicassetta che acquistai in vita mia.
Oggi Rettore compie 60 anni e mi viene da ringraziarla per aver contribuito alla costruzione del mio immaginario pop (naturalmente insieme a Goldrake, a Discoring, a Sandokan, a Charlie’s Angels, a Bud Spencer e Terence Hill, a Lady Oscar e vari altri), che dopo essersi mescolato ad altre centomila influenze, letture, visioni e ascolti degli ultimi trent’anni, volente o nolente ritrovo anche in quello che scrivo.