Agents of S.H.I.E.L.D. season 6 – Fantasy
Agents of S.H.I.E.L.D., la sesta stagione, si è conclusa due giorni fa negli USA. In Italia, le puntate finali verranno trasmesse sul canale Fox di Sky nelle prossime due settimane.
È stata una stagione singolare, di sole 13 puntate (e sempre 13 saranno anche per la settima e ultima stagione). Per metà del tempo, il team dei nostri eroi è stato diviso in due: una squadra sulla Terra, nel tentativo di ricostruire lo S.H.I.E.L.D., con nuovi agenti e una nuova base, e l’altra squadra a bordo di un’astronave, alla ricerca di un compagno che da tempo sta vagando nello spazio (non scendo nei dettagli per evitare spoiler, come avevo fatto anche nella mia recensione complessiva delle prime cinque stagioni che puoi trovare in questo post).
A mio avviso, nonostante la consueta padronanza del mestiere già dimostrata da registi e produttori, ci sono due problemi fondamentali in questa stagione.
Il primo è lo scollamento totale globale definitivo dal MCU, che in precedenza era stato un punto di forza della serie: non c’è alcun punto di contatto, nemmeno un accenno, al famigerato “schiocco” di Thanos, il supercattivo di Avengers – Infinity War, che in teoria aveva portato a conseguenze pesantissime sull’intero universo. La scelta è stata più volte spiegata da produttori e sceneggiatori della serie: banali questioni di tempi produttivi e impossibilità di conoscere col dovuto anticipo i programmi del MCU hanno condotto alla necessità di slegare Agents of S.H.I.E.L.D. dal resto dei prodotti cine-televisivi Marvel. Purtroppo, però, le spiegazioni fornite mediante interviste e articoli non sono parte integrante degli episodi della serie, che sembra quindi rimanere sospesa in uno strano limbo narrativo.
Il secondo problema è che si è di nuovo calcata la mano sull’effetto morte e rinascita di determinati personaggi. È una faccenda nota a chi macina il mondo dei fumetti, ormai non c’è personaggio la cui morte possa ancora essere un evento importante per i lettori, perché tanto si sa che prima o poi lo fanno risuscitare con una scusa o l’altra (è successo con Gwen Stacy, con Capitan America, con Fenice Nera e tanti altri, c’è l’imbarazzo della scelta). Insistere con questo giochino tirando in ballo viaggi nel tempo, cloni, rigenerazioni cellulari e chissà che altro, inizia a diventare noioso. Da questo punto di vista, la quinta stagione si era conclusa mirabilmente, ma la sesta ha messo tutto in discussione.
Aspetti positivi: la distanza di un anno dalla conclusione della stagione precedente, il che permette di presentare un inizio efficace in medias res; la (seppur prevedibile) evoluzione di Jemma Simmons, sempre più distante dalla ragazza ingenua della prima stagione, e quella di Zeke, che da scemo del villaggio acquisisce una profondità insospettata; l’inserimento di comprimari strambi ma a modo loro affascinanti, come Jaco e Snowflake; il legame ben orchestrato con eventi passati (quelli della puntata 5×12) che lo spettatore difficilmente avrebbe immaginato essere collegati alle nuove trame.
Ho aspettative alte sulla settima stagione, che andrà in onda fra un annetto. Sapendo già che è l’ultima, gli sceneggiatori hanno annunciato che potranno organizzare una trama coesa, colpi di scena equilibrati e un finale memorabile. Speriamo che sia così.
Il mio scambio di battute preferito (traduzione mia, alla buona):
Jemma – Daisy, che cosa hai fatto?!?
Daisy – Ho seguito il tuo consiglio: affrontare il problema in maniera diretta.
Jemma – Io intendevo un minimo di onestà emotiva, non un omicidio!