
Scottature è un racconto di Dolores Prato del 1967, talmente ben riuscito da meritare un’edizione per conto suo, un librino piccolo piccolo pubblicato da Quodlibet.
[Questo titolo rientra in “Librini”, una mia rubrichetta dedicata a volumetti super-agili da leggere d’un fiato. Se vuoi conoscerne altri, clicca su “Librini” nell’elenco delle categorie del blog.]
Le scottature del titolo sono quelle a cui si va incontro quando si esce dalla propria comfort zone (la propria famiglia, la propria città, le abitudini di una vita) e ci si avventura nel mondo. Per la ragazza protagonista del racconto, questo passaggio è particolarmente significativo perché lei ha vissuto per anni in un collegio gestito da suore, quindi un ambiente moooolto chiuso e rigido. Con suore di quelle burbere, minacciose, poco propense (tranne qualche eccezione) alla benevolenza o all’umorismo.
La protagonista sceglie dunque di vederlo, quel mondo per cui sente un desiderio irresistibile di sperimentarlo sulla propria pelle, esponendosi anche alle scottature. A partire da quelle non solo metaforiche, come la grave insolazione che la ragazza si prende al suo primo giorno di mare. Ma questo incidente non spegne la sua fame di vita, e i segni delle ustioni diventano come cicatrici di guerra a testimonianza della sua determinazione.
Rimarrà scottata anche da altro: per esempio, una sorellastra che non vuole saperne di lei (infatti da quel momento la chiamerà solo “la figlia di mia madre”); o un’amica che col tempo si rivela bigotta e arcigna. Però la delude anche l’apparente benevolenza delle suore, che sostengono di rivolerla fra loro quando in realtà si tratta di un’accoglienza tutt’altro che incondizionata. E a quel punto cosa aiuta la ragazza risvegliare nuovamente l’aspirazione a vivere, a scoprire il mondo nonostante le scottature?
Un fiore. Una rosa come quella del Piccolo Principe, una rosa appena sbocciata con il suo cumulo di morbidezza, di colore, di profumo, di sensorialità intensissima che rimanda a ben altro, come il gelsomino notturno di pascoliana memoria. Questo passaggio della rosa ha una forza pazzesca: altro che le scottature subite fino a quel momento, la rosa è desiderio di sbocciare, di aprirsi veramente, di rischiare tutto. E con un finale densissimo e fulminante (mi ha ricordato Carver), tanta roba in poche righe, Dolores Prato ci fa sapere se e come la rosa stessa può scottarsi oppure no.