L’Inverno dei Leoni e altre letture

L'inverno dei leoni, dettaglio della copertina
L'inverno dei leoni, dettaglio della copertina

Febbraio mese corto, e soprattutto mese che viene dopo gennaio ovvero il mese infinito. Ho sbandato un po’ con le letture, ho vagato con la mente, ho anche piluccato roba (buona) da ri-leggere, ma soprattutto ho fatto un bell’excursus nel fantastico con tre romanzi, un libro illustrato e un gioco da tavolo.

L'excursus nel fantastico di febbraio 2025

Il gioco è stato The Vale of Eternity, che mannaggia ho potuto giocarlo una volta sola fino ad ora ma è davvero carino. Il libro illustrato è Il gatto che aveva perso la coda, ed è una storia che ha alle spalle un’altra storia anzi più d’una, e sono tutte tristi, e il libro merita di essere recuperato. Poi ci sono stati un tuffo nella fantascienza con Il pianeta scomparso di Marcello Toninelli, un’immersione nello steampunk con Victorian Vigilante di Vittoria Corella e Federica Soprani, e infine la conclusione della più celebre trilogia di N.K. Jemisin con Il cielo di pietra. Insomma una tirata niente male (segui i link per i singoli post).

L'inverno dei leoniUscendo dal regno del fantastico, mi sono sparata un paio di cartucce notevoli, se non altro per la mole non indifferente dei libri. La prima è stata L’inverno dei leoni, di Stefania Auci, che conclude la dilogia della famiglia Florio (del primo volume avevo parlato in questo post). Avrei preferito che l’autrice avesse sorvolato un po’ di più sulle vicende sentimentali, anche perché diverse di esse riguardano il non-detto e il non-fatto, più che relazioni degne di essere raccontate, ma ho apprezzato il procedere delle vicende che ruotano intorno a Ignazio padre e poi a Ignazio figlio, colui che del padre non sarà mai all’altezza, e questo è un tema che trovo sempre interessante. Nell’Inverno dei Leoni emergono anche due figure femminili interessanti, Giulia e Franca.

Un pregio del libro: la scorrevolezza, si legge proprio a velocità di crociera, e questo vuol dire che ci si sente proprio immersi nella storia. Un difetto: a parte le vicende narrate mi è rimasto dentro poco, nessun tema che davvero mi abbia aggredita.

La storiaAltro bel mattoncino: La Storia di Elsa Morante. Ora, a me probabilmente non sarebbe venuto in mente di leggerlo, ma quest’anno ho deciso di seguire il gruppo di lettura della book-tuber Ilenia Zodiaco nel quale si affrontano sei classici del Novecento italiano. In quattro parole, ho fatto proprio bene. La Storia me lo aspettavo pesantuccio, magari un po’ verboso, forse perché conservavo memorie ancestrali dell’Isola di Arturo che a suo tempo avevo trovato pesante: ma ero giovane io e non capivo una ceppa. Nonostante i temi densi, i personaggi sgraziati e l’ambientazione drammatica (prima, dopo e durante la Seconda Guerra Mondiale), La Storia è un libro che si legge senza intoppi e permette di apprezzare una voce narrante esplicita, vicina, come un’amica che ti fa una confidenza, ti dice che le hanno raccontato questo e ha saputo quell’altro.

Le parti che ho trovato più intense sono quelle sulla persecuzione degli ebrei di Roma, un evento che attraversa la vita della protagonista in più di un’occasione quasi senza che lei se ne renda conto, mentre per il lettore sono un cazzotto alla bocca dello stomaco. E mi sono sembrate stranianti, ma efficacissime, le pagine sulla scomparsa di personaggi che per un po’ avevano fatto parte del libro in modo costante, mentre poi di punto in bianco vieni a sapere che non ci sono più, che di certo sono morti, mentre sul loro conto circolano voci mai troppo precise, tutto sempre sull’onda del sentito dire. E intanto un’ombra si allunga sul protagonista più indifeso, il piccolo Useppe, e lo senti che non può andare a finire bene. Insomma: gran bel libro, potente.

Diario minimoStesa appunto da questa potenza narrativa, ho pensato di andare a rileggermi qualcosa non dico di semplice, ma di distensivo senza rinunciare a un minimo di profondità. Così ho ripreso in mano, dopo non so quanti anni, il Diario Minimo di Umberto Eco, ritrovandoci un sapore che mi riporta a un periodo della mia vita che ho amato molto, quello universitario. Il Diario Minimo è una raccolta di articoli, brevi saggi, interventi nati in luoghi e modi diversi, insomma un pastiche che dimostra la versatilità dell’autore, l’acume, il senso dell’ironia, il desiderio di approfondire col sorriso. I testi vanno dalla celebre “Fenomenologia di Mike Bongiorno” alla delicata “Lettera a mio figlio” all’incredibile “My exagmination round his factifation for incamination to reduplication with ridecolation of a portrait of the artist as Manzoni”, che solo a trascriverlo mi scappa da ridere. Eh, bei tempi. E bella lettura.

L'orgoglio di BaghdadInfine sono andata a recuperare un volume a fumetti che non so più quante volte ho consigliato, suggerito e celebrato. Gli autori sono Brian K. Vaughan e Niko Henrichon, il volume si intitola L’orgoglio di Baghdad; io ce l’ho nell’edizione Planeta DeAgostini, adesso però si trova edito da Panini Comics sotto l’etichetta DC Black Label. Protagonisti del libro sono quattro leoni (un cucciolo e tre adulti) che vivono nello zoo di Baghdad finché, nell’aprile del 2003, lo zoo viene distrutto da un bombardamento americano e loro possono uscire, addentrandosi poi nella città e cercando disperatamente di sopravvivere. L’abilità di Vaughan che è uno sceneggiatore strepitoso, la maestà degli animali disegnati da Henrichon, i colori caldi e densi… qui ogni pagina è una gemma preziosa. E alla fine non si trattengono le lacrime.

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