La maggioranza delle mie letture di questo mese si sono meritate dei post a parte. Uno per Se t’immagino qui sono felice – Lettere d’amore a Vita Sackville-West, di Virginia Woolf (ed. Garzanti); uno per Coraline di Neil Gaiman (ed. Mondadori); uno per Ancillary Justice di Ann Leckie (ed. Mondadori); uno per Cuore Oscuro di Naomi Novik (ed. Mondadori); e infine uno per la ristampa formato balenottero di La Sensazionale She-Hulk (solo le storie realizzate da quel geniaccio di John Byrne, ed. Panini Comics).
Mi rimangono da recensire due romanzi. Il primo è piuttosto breve: si intitola 92 giorni ed è stato scritto da Larry Brown (edizione italiana di Mattioli 1885). Talmente breve che in realtà andrebbe catalogato come racconto lungo, tanto più che nell’edizione originale fa parte di una raccolta di racconti; tuttavia, anche se le pagine sono poco più di un centinaio in formato mignon, e anche se il modo di raccontare è quello tipico di certa narrativa americana del Novecento volutamente scarna e in apparenza trasandata, il respiro di un romanzo io ce lo vedo. Larry Brown non è uno di quegli autori straconosciuti tipo Salinger o Carver o Bukowsky, ma nel suo modo di scrivere ritrovo la stessa ricerca della sintesi e lo stesso desiderio di individuare l’universale nel minuscolo, nei personaggi che vivono ai margini e lottano contro i loro piccoli e grandi demoni. La raccolta da cui è tratto 92 giorni si intitola Big Bad Love ed è considerata una delle sue opere più significative. Questo racconto lungo in particolare segue le vicende di un reduce del Vietnam che convive con due ossessioni (la scrittura e la separazione dalla moglie e dai due bambini) e che nell’arco di circa tre mesi tocca un fondo da cui si sforza poi di risalire. È un racconto crudo, aguzzo, che ti fa veramente entrare nell’anima di un derelitto a cui la vita ha servito una pessima mano.
L’altro libro che mi ha tenuta impegnata è nientemeno che il vincitore del Premio Pulitzer 2016 ovvero Il simpatizzante (l’edizione italiana è di Neri Pozza), dello scrittore Viet Thanh Nguyen, vietnamita naturalizzato statunitense. Sottolineo questo dettaglio perché proprio la doppia anima dell’autore e il suo legame con la martoriata terra del Vietnam stanno all’origine di questo romanzo corposo, drammatico, difficile, intenso. Il protagonista, nato da madre vietnamita e padre americano, è una spia al soldo dei Vietcong. Infiltrato presso un alto papavero del regime sud-vietnamita appoggiato dagli USA, egli narra in prima persona la sua storia e soprattutto le motivazioni e le contraddizioni interiori che lo hanno condotto a vivere questo doppio gioco, di anno in anno costellato da crimini, tradimenti, disgrazie e perfino l’esperienza disumanizzante della tortura. Il simpatizzante è una lente attraverso cui noi occidentali riusciamo, per quanto possibile, a vedere la condizione dei vietnamiti, soprattutto quelli emigrati negli USA, e della loro identità per sempre frammentata, mai riconosciuta e mai compresa né dagli ex compatrioti né dalla popolazione americana. Consigliato a chi non ha paura di affrontare una lettura davvero impegnativa, ma capace di colpirti al cuore e d farti provare autentica empatia per un protagonista complesso e tormentato, che non si presenta mai per nome ma si autodefinisce “il bastardo”.