Letture di Novembre 2019

Questo è stato un mese dedicato a tre letture che attendevano da un po’, uno di quei periodi in cui dire “oooh, finalmente lo leggo”. A esse si è poi aggiunto il delizioso Volpe 8 di George Saunders, capitato un po’ per caso, di cui ti ho già parlato in questo post.

30-11-2019-bCome prima cosa ho ripreso la maratona Harry Potter, che avevo interrotto il mese scorso, e mi sono dedicata al sesto volume della serie, Harry Potter e il Principe Mezzosangue: come prevedevo, il crescendo che avevo notato nei libri precedenti (soprattutto dal quarto in poi) prosegue e, nonostante alcuni aspetti un po’ didascalici della scrittura di J.K. Rowling non mi convincano appieno, la storia prende sempre più corpo. In questo caso, poi, c’è di mezzo un libro misterioso appartenuto a un personaggio misterioso, e questo è il genere di cose che stuzzica il mio interesse. E inoltre, cavolo, un finale davvero potente, quel genere di momenti in cui la Rowling osa andare oltre quel che ci si aspetta e dire chiaro e tondo che, per chi non l’avesse capito, qui non si scherza nemmeno un po’. Chapeau.

30-11-2019-cPoi ho finalmente preso in mano L’arminuta, di Donatella di Pietrantonio (Premio Campiello 2017, tanto per gradire), che un amico mi aveva consigliato da un sacco di tempo e che volevo prendere a prestito da mia sorella, la quale poi invece l’aveva prestato a una serie di amici che se lo passavano a vicenda… e insomma niente, alla fine me lo sono comprato e ne sono molto felice. Perché sì, il mio amico aveva ragione, è davvero un gioiello. Di solito lui è del partito “mi interessa di più lo stile” e io di quello “mi interessa di più la storia”, ma quando troviamo una storia profonda, narrata in modo così elegante, gongoliamo in due. Il rompersi e il crearsi di legami familiari, l’adattabilità forzata di una ragazzina alle scelte degli adulti, sono temi intricati: questa autrice riesce a scivolarci dentro con una scioltezza imprevedibile.

30-11-2019-dPer ultimo segnalo il romanzo più complicato e su cui mi sento più in difficoltà: Labirinto, di Burhan Sönmez (in originale Labirent, 2019), pluripremiato autore turco i cui libri più recenti sono pubblicati in Italia da Edizioni Nottetempo. Lo spunto iniziale di Labirinto è intrigante: un uomo di nome Boratim tenta il suicidio buttandosi dal Ponte sul Bosforo, ma si salva e viene ricoverato in ospedale, dove si rende conto di aver perso la memoria. Può ricostruire a grandi linee la sua vita grazie a un amico che gli dà una mano, ma è una ricostruzione tutta “vista da fuori” perché ormai i ricordi sono andati e non c’è nessuno che sappia anche solo immaginare perché avesse pensato di farla finita. Il romanzo non è assolutamente un giallo, questo si capisce dall’inizio, non c’è un’indagine per scoprire la verità e non c’è una riconquista della memoria perduta: semmai c’è la ricostruzione di un’identità, la difficilissima rinascita di qualcuno che voleva morire e in un certo senso è morto, perché il vecchio Boratim non c’è più e al suo posto c’è un Boratim nuovo, costretto a dare una nuova dimensione a persone, luoghi e oggetti che per lui non significano nulla. Ho impiegato molto tempo a leggere il libro, che alterna momenti intensi e illuminanti a pagine di estenuante ricerca di se stessi, spesso senza esito. C’è una sapienza notevole, basta osservare i passaggi quasi impercettibili da prima a terza persona e viceversa, i dialoghi senza virgolette, i lunghissimi capoversi senza mai andare a capo come se si entrasse in un lungo flusso di coscienza. Per me è stato un libro arduo, e la conferma (come se ne avessi bisogno) che per affrontare certi autori devo ancora fare molta strada come lettrice.

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