“Le Ore Invisibili” di David Mitchell – Fantasy

Le Ore Invisibili, di David Mitchell, è un libro formidabile. Il titolo originale è The Bone Clocks: uscito in lingua originale nel 2014, è stato pubblicato in Italia nel 2015 da Frassinelli e sempre nel 2015 ha vinto il World Fantasy Award.

08-11-2021-BQuesto romanzo è un prodigioso intreccio di fantasy, fantascienza, storia, distopia e critica sociale, che ricorda Cloud Atlas, l’opera per cui Mitchell è più noto. Le Ore Invisibili è un viaggio lungo circa 60 anni, dall’Inghilterra thatcheriana a quella (ipotetica) del 2043, raccontato da cinque personaggi diversi lungo sei corposi capitoli, ciascuno ambientato a un certo numero di anni di distanza dal precedente. Il filo conduttore è rappresentato da Holly Sykes, una ragazza inglese con blande doti paranormali che, nel corso della sua vita, si ritrova coinvolta nella sfida millenaria fra due fazioni sovrannaturali.

Questa sfida, però, non è il centro del romanzo. Dal mero punto di vista dell’intreccio forse sì, nel senso che gli eventi non si concatenerebbero nel modo in cui lo fanno se le due fazioni non esistessero e se non fossero collegate a Holly in un determinato modo. Ma quello che interessa a David Mitchell è osservare la storia recente dell’umanità e la sua presumibile storia futura, zig-zagando fra scelte politiche scellerate, guerre crudeli, uomini e donne che fanno del loro meglio e del loro peggio.

Memorabile, a mio parere, il personaggio di Hugo Lamb (narratore e protagonista del secondo capitolo, “Io porto mirra: il suo profumo amaro”): un villan così intrinsecamente malvagio, eppure così irresistibile. Geniale e privo di scrupoli, ma anche mediocre e spaventato: per giunta in un modo in cui questi aspetti sembrano tutti intrecciati gli uni agli altri. Ma dopotutto la malvagità e la mediocrità, l’incoscienza e la paura, vanno sempre a braccetto, no? Forse, se uno non è meschino, se non è un omuncolo nascosto sotto strati e strati di cultura, successo e intelligenza, non può essere neanche cattivo.

08-11-2021-CIl mio capitolo preferito però è il terzo, “La baldoria nuziale”, ambientato nel 2004 durante il matrimonio della sorella di Holly. Narrato in prima persona da un reporter di guerra, alterna il presente del matrimonio (fatto di preparativi, banchetto, cerimonia, vestiti…) con il passato dei suoi ricordi in Iraq (fatto di esplosioni, sangue, morte, terrore), ed esprime con un’efficacia impressionante la frivolezza delle nostre abitudini più convenzionali rispetto alla tragedia della guerra e della povertà che si consuma in parti del mondo che preferiamo dimenticare.

L’ultimo capitolo, poi, è altrettanto crudele ed efficace. Noi oggi siamo pieni di giornalisti, scienziati e opinionisti che ci dicono: l’inquinamento e il cambiamento climatico sono un’emergenza, ci saranno conseguenze catastrofiche se non ci fermiamo. Siamo anche pieni di romanzi e film distopici dove le popolazioni vivono grosso modo in tribù, organizzate come in un basso Medioevo in cui si coltivano piante, si allevano animali e si combatte per il predominio sulla tribù rivale o per la conquista di un pezzo di terra. Solo che il focus sta sulla parte avventurosa, sui guerrieri, spesso anche sugli intrallazzi romantici.

08-11-2021-DAlla fine di questo libro, invece, nella distopia futura dell’Oscuramento, Mitchell mette in scena i poveri, quelli che devono arrangiarsi, quelli che coltivano e allevano. Quelli che magari sono riusciti a mettere in piedi un pollaio, ma poi una notte arriva una volpe e fa fuori quattro galline, ed è un disastro perché significa la metà delle uova rispetto a prima. Quelli che devono aspettare aiuti e rifornimenti da fuori, sperando che arrivino perché altra gente e altri posti vengono prima. Quelli che, se si presenta il poliziotto corrotto, non hanno la possibilità di opporvisi e devono cedergli parte del loro cibo. Quelli che rimpiangono il passato e provano la vergogna per l’essere stati (tutti insieme) cause del proprio male.

«È la pena che provo per le regioni che abbiamo desertificato, le calotte di ghiaccio che abbiamo sciolto, la corrente del Golfo che abbiamo deviato, i fiumi che abbiamo prosciugato, le regioni costiere che abbiamo allagato, i laghi che abbiamo riempito di robaccia, i mari che abbiamo ucciso, le specie che abbiamo portato all’estinzione, gli impollinatori che abbiamo sterminato, il petrolio che abbiamo scialacquato, i farmaci resi inefficaci dall’abuso, i bugiardi falsamente ottimisti che abbiamo eletto – e tutto per non dover rinunciare agli agi delle nostre vite. La gente parla dell’Oscuramento come i nostri antenati parlavano della peste nera, come fosse il volere di Dio. Ma lo abbiamo evocato noi con ogni barile di petrolio che abbiamo bruciato per vivere. Quelli della mia generazione si sono abbuffati senza ritegno al Ristorante delle Ricchezze della Terra sapendo – pur negandolo – che stavamo facendo man bassa e che avremmo lasciato ai nostri nipoti un debito inestinguibile.»

08-11-2021-ENelle pagine di questo romanzo possiamo vivere il nostro futuro (o quello dei nostri figli), attraverso una prosa coinvolgente e personaggi in cui è facile identificarsi. Da quando l’ho letto, sto più attenta alla raccolta differenziata, in casa metto un maglione in più per non alzare il riscaldamento, fuori casa uso un po’ meno la macchina e un po’ più la bicicletta. Ma temo che, d’estate, non saprò fare a meno dell’aria condizionata né della mia settimana relax in un posto che, solo di condizionatori e ventole per le piscine, consuma quello che servirebbe a tenere in piedi un piccolo villaggio nel cuore della Siberia.

Perché alla fine, la maggior parte di noi non sarà malvagia come Hugo Lamb ma mediocre sì, e David Mitchell ce lo mostra senza sconti.

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