“La metamorfosi” di Franz Kafka – Librini

Un piccolo-grande classico, ogni tanto, ci vuole. Così ho pensato di rileggere La metamorfosi di Kafka, di cui avevo un ricordo vago.

14-09-2020-cA ogni riga, però, mi tornavano in mente gli eventi che scandiscono il calvario del protagonista Gregor e il crescente distacco fra lui e i membri della famiglia, incapaci non dico di prendere bene la sua trasformazione (nemmeno io accetterei di buon grado un figlio trasformato in uno scarafaggio gigante, letteralmente dalla sera alla mattina), ma almeno di trovare un modo civile per rapportarvisi.

In un certo senso, anche il padre, la madre e la sorella vanno incontro a una trasformazione, di un genere meno surreale e più pragmatico: a mali estremi estremi rimedi, o aiutati che il ciel c’aiuta. In fondo, stanno in frasi fatte come queste i cambiamenti che tutti loro imprimono alle loro esistenze, dovendo sopravvivere senza il fondamentale contributo economico di Gregor, che non solo ha smesso di mantenere tutti loro, ma è addirittura diventato un costo: qualcosa deve pur mangiare, e una stanza deve pur occuparla (impedendo di affittarla, per esempio, o meglio ancora di cambiare casa trovandone una meno dispendiosa).

14-09-2020-bHo trovato quasi irritante quella specie di mistica rassegnazione che riempie i pensieri di Gregor, preoccupato non solo di non poter più essere utile alla famiglia, ma addirittura di procurare fastidio a loro e all’azienda per cui lavora, e ancora più irritante il voltafaccia della sorella, la più deludente fra i comprimari, quella che prima sembra capire o quantomeno affrontare la situazione di Gregor, ma ben presto, con una volubilità tutta adolescenziale, perde interesse e anzi arriva a spingere per trovare una soluzione definitiva, anche drastica purché la si trovi. E poi, come scrive Luigi Forte nell’Introduzione all’edizione Einaudi, c’è anche “il procuratore che […] aggredisce il povero commesso viaggiatore con avvertimenti e minacce, quasi un preambolo di licenziamento”.

14-09-2020-dInsomma l’assurda vicenda di Gregor è un modo per parlare di ben altro: dinamiche familiari, banalità della vita, burocrazie soffocanti, solitudine, diversità, impotenza, conflitti padre-figlio, e questo uso metaforico della narrativa mi piace. Detto questo, però, ammetto di avere un rapporto difficile con il realismo magico quando è così crudo, non procedo nella lettura con l’entusiasmo, con il trasporto che vorrei. Quel che è certo è che la gamma di sentimenti che ho attraversato (dalla compassione, all’impazienza, alla desolazione e ad altro ancora), in appena una settantina di pagine, mi fa ammirare la sapienza di quest’uomo e della sua scrittura nel suggerire senza dire, nell’indurre senza forzare. Un maestro.

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