So long, Carlos
La notizia della morte di Carlos Ruiz Zafón è giunta inaspettata. Non sapevo né che fosse malato, né che fosse ancora così giovane, appena 55enne.
Come tante persone, anche io sono stata un’avida lettrice del suo L’ombra del vento (in originale La sombra del viento, 2001). Ci sono tre ricordi in particolare che mi legano a quel libro, non dico siano tre ricordi incredibilmente originali o drammatici, ma solo il fatto che esistano (io che ho la memoria di un paguro) mi dice quanto quel libro mi sia sempre rimasto in mente.
Primo ricordo: le circostanze in cui lo comprai. Fu, banalmente, un acquisto fatto per sbaglio. Mi trovavo in una libreria in zona mare e stavo frugando gli scaffali dei libri in inglese, volevo tenermi un po’ in allenamento. Noto un volume con una copertina particolarissima (c’era un buco tondo quasi al centro, da cui si vedeva parte della sottocopertina) e un titolo intrigante: The Shadow of the Wind. Decido di acquistarlo così, d’impulso, e solo a casa mi rendo conto che è di un autore spagnolo tradotto in inglese. Lì per lì mi dico “quanto sono scema”, poi va comunque a finire che lo adoro e lo finisco in pochi giorni.
Il secondo ricordo: durante questa lettura, me la facevo sotto dalla paura. Il villain che gira per le strade di Barcellona e commette un omicidio dietro l’altro mi metteva addosso un sacco di tensione. Se mi svegliavo di notte per andare in bagno, avevo paura di percorrere il corridoio.
Terzo ricordo: il senso di meraviglia e di spontanea epifania quando, arrivata a un certo punto della storia, dove le domande senza risposta si avviluppano le une sulle altre e il mistero è sempre più incomprensibile, di colpo gli eventi e gli oggetti descritti in un certo capitolo mi avevano fatto capire l’intera trama: cosa era successo, chi aveva fatto cosa, quali erano le ragioni dietro a una serie di accadimenti. All’improvviso avevo capito tutto, ogni minimo dettaglio si collegava agli altri e mi svelava il passato della storia e come esso aveva condizionato il presente, oltretutto portandosi dietro un carico emotivo straziante. Fu come uscire dalla caverna del proverbiale mito platonico.
Anche solo per questo momento di emozione profonda, per questo tuffo al cuore di commozione mista a stupore, ti ringrazio Carlos Ruiz Zafón. Non dovevi andartene così presto.