Sala d’aspetto – prima parte
La scorsa primavera ho ricevuto la bella notizia di aver vinto uno dei premi speciali del Premio Letterario “Scribo”, a cui avevo partecipato con questo racconto un po’ amaro, “Sala d’aspetto”. Lo propongo qui sul blog in due puntate (in attesa di dargli una forma più dignitosa e scaricabile dal sito, con copertina e altro), come omaggio alla Giornata Mondiale dell’Alzheimer (che cade oggi) e alla mia mamma che se n’è andata lo scorso 16 luglio.
Sala d’aspetto
(prima parte)
«Buenas tardes, Maggie.»
La donna entrò nell’appartamento. «Buonasera, Beatriz. Come sta la mamma?»
«Oggi muy bien. Ha mangiato, preso le medicine, passeggiato… tutto senza protestare.»
Maggie sorrise: il vezzo di tirar fuori qualche parola nella lingua madre le rendeva ancora più simpatica la badante rotondetta e con la pelle ambrata, che da quattro anni la aiutava con la madre.
Appoggiò il cappotto e la borsa sul divano. «Ho fatto un po’ tardi, i ragazzi non mi mollavano più.»
«Nessun problema. Come stanno? E Jason?»
«Stasera mangiano fuori. Volevano che andassi anche io, ma oggi non avevo ancora visto la mamma. Magari li raggiungo.» Tirò fuori dalla borsa un mazzetto di libercoli. «Sono stata alle informazioni turistiche sotto l’ufficio, ti ho preso gli opuscoli delle località di villeggiatura. Per quando viene tuo fratello.»
Beatriz sfogliò uno dei libretti, sembrava spaesata.
«Guarda.» Maggie puntò un dito sulla mappa. «Se parti da qui e vai verso ovest trovi Hastings, Eastbourne, Brighton, Worthing… io ricordo meglio Eastbourne perché da piccola ci sono stata spesso, piaceva a mio padre; ma sono tutte deliziose.»
Beatriz fece per appoggiare il mazzetto su un ripiano in alto e si bloccò di colpo. «Ahi.»
«Mal di schiena?»
La dominicana annuì. «Durante il giorno, la señora Agatha si muove bene. Ma al mattino, appena sveglia, aiutarla ad alzarsi è difficile.»
Maggie annuì, con aria contrita. «Dov’è la mamma? In bagno?»
Beatriz indicò il fondo del corridoio. «Ha detto che doveva prepararsi.»
«Prepararsi?» La donna si avviò verso la camera. «Oh no, di nuovo. Mamma, posso entrare?»
«Sono pronta.» Agatha, davanti allo specchio, torturava il gancetto di un girocollo d’argento e turchesi. Si girò, sfoggiando due guance color terracotta coperte di pagliuzze dorate. Maggie deglutì: avrebbe dovuto passeggiare per il centro di Sevenoaks con la madre combinata in quel modo.
«Quel trucco è eccessivo, mamma, te l’ho detto mille volte.»
«Quando mai? E poi questa cipria è invisibile, bisogna metterne un mucchio.»
«Nooo. È solo il tuo glaucoma che… niente, lascia perdere. E i brillantini, di nuovo?»
«Danno un po’ di luce.»
«Vale anche per l’ombretto verde pisello?»
Agatha agitò la mano, in segno di impazienza. «Cosa ti viene in mente, non l’ho affatto messo, l’ombretto. Mi aiuti ad allacciare la collana? E dì a tuo padre di sbrigarsi, abbiamo prenotato per le sette.»
La figlia sbirciò la foto ingiallita dei genitori sul comodino. «Mamma.»
«Oh.» Lo stupore della madre le strinse il cuore. «Che sciocca. Eh, questa testa che non funziona più bene.» Ripose il girocollo nel portagioie. «Se non andiamo al ristorante, perché ho il tailleur e le scarpe, invece che la tuta e le ciabatte?»
«Per uscire con me.»
«Forse oggi ho passeggiato con Beatriz. O no? Non mi ricordo.»
«Dai, un’altra mezz’ora. Camminare serve alla circolazione. Vedi che hai le caviglie gonfie?»
«Ah.» Lentamente, Agatha chinò la testa e si guardò i piedi. «È vero.»
Maggie le passò una mano sulla schiena. «Ti prendo il cappotto, c’è vento.»
La donna anziana teneva lo sguardo fisso sulle scarpe. Tirò su la testa di scatto. «Sì! Dobbiamo arrivare alla sala d’aspetto prima che faccia buio.»
Maggie alzò gli occhi al cielo. «Mamma, ancora questa storia.»
«Come, ancora?» Agatha puntò un dito contro il mento della figlia. «Margaret, niente scuse, accompagnami alla sala d’aspetto.»
«Dal dottore? Ci siamo andate l’altro giorno, le analisi vanno bene.»
Agatha aggrottò la fronte. «Non lì! L’altra sala d’aspetto, quella con il sole. Tanto sole e i luccichini. Anche tuo padre ci è affezionato.»
Maggie prese un bel respiro. «Va bene, mamma. Intanto usciamo.»
Agatha partì decisa verso la porta, Maggie faticò a starle dietro per infilarle il cappotto e prendere le sue cose.
«Dov’è che dobbiamo andare? Dal dottore?»
* * *
«Dorme?»
Maggie annuì. «Era stanca. Oggi avete camminato molto?»
«Quasi un’ora.» Beatriz ripose nello stipetto il tegame appena lavato. «Anche stamattina cercava la sala d’aspetto. A ogni incrocio si guardava intorno e accelerava. Quando si fissa con questo pensiero ritrova le energie.»
L’altra donna sospirò. «Stasera credeva di andare a cena con papà.» Fu interrotta da un trillo: prese il cellulare dalla borsa, lesse il messaggio. «Da quando Martin usa Whatsapp, non mi dà tregua.» Digitò una risposta veloce. «Questa storia della sala d’aspetto non la capisco. Mesi che la tira fuori e non c’è verso di fargliela spiegare. Ho provato con lo studio dell’oculista, quello del neurologo, l’ambulatorio dei prelievi. Perfino il veterinario del mio cane! Niente, non è mai il posto giusto.»
La dominicana ascoltava, sebbene non fossero novità. Sul telefono arrivavano altri messaggi.
«I luccichini» pensò Maggie ad alta voce. «Che vuol dire, una sala d’aspetto con i luccichini? E non so cosa c’entri mio padre!»
Beatriz si accomodò sul divano. «La señora è tanto peggiorata, negli ultimi mesi.»
Anche Maggie si sedette, le sfuggì una risatina. «Oggi mi ha telefonato. Aveva un diavolo per capello, e indovina come mai?»
La badante si portò una mano al petto. «Non ho ascoltato, ma spero non ce l’avesse con me. Io sono gentile ma lo sai, a volte lei… es mas temperamental, voi dite… fa i capricci.»
«No, no. Era arrabbiata perché non trovava il telefono.»
Dopo un attimo di silenzio, le due donne scoppiarono in una risata incontrollabile, fino alle lacrime. Beatriz si coprì la bocca, nel timore di svegliare Agatha. Quando si furono calmate, Maggie si decise a leggere i messaggi.
«Ancora Martin?»
«Peggio: Liam che usa il telefono di Martin. Dice che finché non torno, lui a dormire non ci va.»
«Rivogliono la mamma» sorrise Beatriz.
Maggie strinse le labbra. «Io rivoglio la mia, di mamma.»
* * *
[EDIT: La seconda parte del racconto si trova in questo post.]