Macchine mortali – CrossMedia
Macchine mortali è il titolo di un libro di Philip Reeve, primo di una quadrilogia YA steampunk-distopica, che l’anno scorso è stato adattato in un film (Mortal Engines, 2018, regia di Christian Rivers).
La produzione cinematografica vantava, fra gli altri, anche il nome di Peter Jackson, mentre nel cast spiccava Hugo Weaving. Questo, insieme alla possibilità di utilizzare effetti speciali stupefacenti per ricreare un’ambientazione che doveva essere visivamente spettacolare, ha contribuito a pubblicizzare molto il film, ma non è stato sufficiente a renderlo un successo – e dopo averlo visto capisco anche perché.
Potrei dire, in modo piuttosto banale, che era meglio il libro del film, ma non è questo il problema: per quel che mi riguarda non vedo nessun problema anche nell’ipotesi di stravolgere il materiale originale, purché questo serva a ottenere un prodotto valido, magari una storia più congeniale al nuovo supporto per la quale è stata adattata. Il problema di Macchine mortali, però, è che anche preso come semplice film a sé stante, senza considerarne l’origine letteraria, rimane deboluccio e poco convincente perché la trama avventurosa non è accompagnata una vera crescita dei protagonisti.
Sia Tom che Hester, fatti salvi i primi minuti in cui devono abituarsi l’uno all’altra, restano sostanzialmente le stesse due persone dall’inizio alla fine: risolvono alcuni conflitti che riguardano le rispettive infanzie ma non è questo a guidarli interiormente verso gli snodi principali dell’avventura, non c’è una maturazione che faccia la differenza rispetto a quanto sarebbero stati in grado di fare anche da prima. Anche il villain si manifesta quasi subito e non è preda di particolari conflitti interiori, nemmeno di quello familiare che in teoria gli avrebbe dato tutta un’altra profondità. A crescere e a cambiare sono semmai due comprimari, Shrike e Katherine, tanto che è facile empatizzare con loro quasi più che con Tom e Hester.
Se poi si volessero contare le occasioni sprecate nel passaggio da libro a film, si potrebbero citare il volto di Hester che nel libro è gravemente sfigurato (senza naso, per capirci) mentre nel film mostra solo un paio di grosse cicatrici; il ruolo del sindaco di Londra, che nel libro fa da contraltare proprio a Valentine e gli dà modo di evidenziare la sua personalità; l’evoluzione del rapporto tra Thaddeus Valentine e la figlia; la sciarpa rossa di Hester che nel libro ha una storia e un significato, mentre nel film è un semplice capo di vestiario; e tanto altro.
Macchine mortali resta un film di intrattenimento con un gran bel lavoro sui costumi e con effetti speciali superbi, soprattutto per quel che riguarda i cingoli e la meccanica delle città semoventi, e i tantissimi velivoli di forme e dimensioni diverse: uno spettacolo per gli occhi, di cui dovranno tenere conto i film futuri di ambientazione steampunk e/o post-apocalittica.