Lo Hobbit a fumetti – CrossMedia
Oggi è scontato che un franchise di successo venga declinato in tutti i modi possibili: film, romanzi, fumetti, serie tv, giochi di ruolo, videogames… ma fino a venti/trent’anni fa, mica tanto.
Però ci sono le eccezioni, e infatti Lo Hobbit a fumetti uscì per la prima volta nel 1989, serializzato in tre albi della Eclipse Comics (in Italia arrivò nel 1997 in volume unico con Rusconi, che all’epoca deteneva i diritti della quasi totalità dell’opera tolkieniana per il nostro paese, e nel 2000 fu ripubblicato dall’attuale editore nostrano di Tolkien ovvero Bompiani). Era l’epoca in cui iniziavano a intersecarsi circuiti comunicativi e mass-mediologici in precedenza per lo più separati: fumetti, romanzi fantasy e giochi di ruolo formavano un caleidoscopio basato anche sulla tendenza sempre più comune, presso fiere e manifestazioni in continua espansione, a dedicare spazi non poi tanto diversi ai vari settori dell’intrattenimento.
L’adattamento a fumetti de Lo Hobbit fu realizzato per i testi da Chuck Dixon (che poi avrebbe fatto carriera diventando un prolifico autore di Batman) e Sean Deming, per i disegni da David Wenzel; la traduzione in italiano è di Caterina Ciuferri. Non è un capolavoro di cui non si possa assolutamente essere sguarniti, ma un paio di ragioni di interesse ce le vedo.
La prima è la fedeltà assoluta, quasi eccessiva, del fumetto al testo originale, ivi compresi dialoghi, descrizioni, modi di dire. Il desiderio di non distaccarsi dall’opera del Professore di Oxford porta alcune pagine del volume a essere letteralmente coperte da balloon e didascalie, le vignette sembrano quasi un commento visivo superfluo. La riunione di Gandalf e dei nani a casa di Bilbo, gli indovinelli di Gollum, la battaglia finale contro i Goblin e tante altre scene sono quindi descritte sia dalle parole che dalle immagini, in una sovrapposizione che può infastidire o entusiasmare, a seconda delle priorità che ogni lettore fa proprie: fedeltà al Professore o libera trasposizione dall’uno all’altro medium?
Il secondo punto interessante è lo stile di David Wenzel, che si dedica a questa trasposizione a fine anni Ottanta con uno stile pittorico: quindi non fumettistico come lo si intendeva in quegli anni, ma anche lontano dai virtuosismi (in arrivo pochi anni più tardi) di Alex Ross e dei suoi cloni, bensì molto più morbido, descrittivo, quasi anonimo, intenzionato a fornire giusto una modesta traccia visiva al lettore – il che poi ci riporta al discorso precedente. In ogni caso Wenzel è un bravo ritrattista, che sembra catturare adeguatamente l’aspetto di Bilbo, di Gandalf, dei Nani. Forse non riesce a carpire la maestà del Re degli Elfi, ma disegna uno Smaug terribile e feroce, e un Gollum viscido come ce lo si aspetta.
Il tutto abbastanza datato, specie se paragonato al film e a certe raccolte di illustrazioni uscite negli ultimi anni, però degno di uno sguardo; non fosse altro per la genuinità dell’operazione e per l’evidente rispetto degli autori nei confronti dell’opera originale.