Letture di Marzo 2022
Le letture di questo mese hanno un problema: ce n’è stata una talmente pazzesca, che le altre al confronto sono un po’ sbiadite. Ma è un problema mio, dovuto appunto al fatto che, per puro caso, si sono trovate affiancate a un pezzo da novanta… quindi cercherò comunque di riassumerle meglio che posso.
Il pezzo da novanta di cui sopra è La quinta stagione, di N.K. Jemisin, un fantasy straordinario di cui ho parlato in questo post. Sempre in ambito fantasy, ma passando ai fumetti, ho letto Il terzo testamento di Alex Alice e Xavier Dorison, che ho lodato in questo post. Rimanendo sui fumetti, anche i volumi di Moon Knight a cui mi sono dedicata sono a dir poco notevoli e ne ho parlato qui. Infine c’è un post a parte per Il lettore, il narrare di Peter Bichsel, che è un saggio brevissimo ma intenso, destinato alla rubrichetta “Librini”.
Dopodiché c’è stato spazio per letture decisamente di altro genere, a partire da Matrimonio di convenienza, chick-lit scritto da Felicia Kingsley (Newton Compton Editori). Molto divertente e basato sul canovaccio, ormai abbastanza tipico, dove lui e lei si detestano (il cosiddetto enemies to lovers) ma decidono di sposarsi solamente perché il finto matrimonio porta a entrambi dei vantaggi economici, sociali o di altro genere. Dando per scontato che alla fine ci scappa una storia d’amore autentica, il gusto sta nell’ambientazione, nei comprimari e nelle acrobazie di trama che condurranno appunto al lieto fine, e qui ci sono diverse trovate gustose: le suocere, da sole, sono tutto un programma, ma anche la servitù del protagonista maschile fa la sua figura.
La sposa normanna (ed. Piemme), di Carla Maria Russo, mi ha portata indietro nel tempo di diversi secoli. Racconta, ovviamente romanzandola un po’, la vita di Costanza d’Altavilla; colei che, dapprima chiusa in convento, dovrà uscirne (a causa di maneggi politici e dinastici) per sposare Enrico VI di Svevia e dargli un figlio, il quale diventerà poi nientemeno che Federico II re di Sicilia. Le vicende storiche sono interessanti: viaggi, guerre, congiure, c’è di tutto, e d’altra parte siamo in un periodo turbolento come la fine del XII secolo, eppure non mi sono appassionata più di tanto. Forse perché su Costanza d’Altavilla non c’era poi tantissimo da dire, e soprattutto mi è dispiaciuto che di lei venga fornito sempre e solo un ritratto positivo: bella, buona, dolce, fervida credente, caritatevole e così via, tanto che dopo un po’ l’ho trovata stucchevole. Più credibile il figlio Federico, a cui è dedicata quasi del tutto la terza parte del libro: un ragazzino sveglio e capace, anche da molto giovane, di causare non pochi guai ai suoi avversari. Non so perché, ho idea che questa autrice potrebbe dare il meglio in vicende storicamente più vicine a noi e conto senz’altro di leggere L’acquaiola, che mi ispira parecchio.
Ambientazione altrettanto turbolenta quella di Memorie di un soldato bambino (ed. Neri Pozza), di Ishmael Beah. Il luogo è la Sierra Leone, il tempo sono gli anni Novanta: presi in mezzo alla guerra civile fra i ribelli e l’esercito regolare del paese, Ishmael e i suoi amici sono costretti dapprima al vagabondaggio da un villaggio all’altro e da una foresta all’altra, poi ad essere arruolati nell’esercito governativo, imbottiti di droghe e addestrati a uccidere. Ishmael, che quando viene arruolato ha circa 12 anni, trascorre nell’esercito un paio d’anni: poi è preso in consegna da una missione dell’Unicef destinata alla rieducazione dei soldati-bambino. A differenza di altri, ormai troppo compromessi nel corpo e nel spirito, riesce a superare l’astinenza dalle droghe e a compiere un percorso di recupero psicologico che lo conduce a una nuova vita, come membro di una famiglia, testimonial dell’Unicef e autore di libri che raccontano al mondo il fenomeno dei soldati-bambino, descritto da chi lo ha vissuto. Testo non imprescindibile dal punto di vista stilistico e letterario, ma necessario per il suo contenuto.
Infine, un testo di saggistica divulgativa: L’arte di essere pigri (Raffaello Cortina Editore), del semiologo Gianfranco Marrone. Suddiviso in quattro capitoli, il libro analizza come il concetto di pigrizia sia stato declinato in modi diversissimi a seconda dei contesti storici e sociali: dall’accezione peccaminosa in ambito cristiano e nella cultura contadina (spesso le due cose vanno a braccetto) a quella tollerante e anzi lodevole dell’ozio inteso come attività contemplativa, ritorno alle basi, comprensione di se stessi o anche semplice e necessario riposo prima di tornare alle fatiche quotidiane. Marrone prende in esame non solo filosofi e saggisti, ma anche personaggi della letteratura e dei fumetti, che concorrono tutti insieme a offrirci diverse concezioni della pigrizia; magari con l’auspicio di trovare, fra le tante, la più adatta a noi.