Letture di Luglio 2020
Un altro mese di impegni gravosi, di concentrazione quasi nulla e di umore pesante, insomma un mood poco adatto alle letture. Come già ti avevo raccontato in questo post, quando mi sento fuori fase ho la tendenza a rifugiarmi nei vecchi amici di sempre: i fumetti. Così ho deciso di riprendere in mano volumi che conosco bene per averli già letti varie volte in passato, lasciandomi cullare dal senso di sicurezza e di familiarità. Te ne propongo cinque.
L’approdo, dell’artista australiano Shaun Tan, edito da Tunuè, è un capolavoro. La prima volta che mi ci imbattei, mi trovavo a Vancouver e c’erano le tavole originali in mostra presso un museo: fu una folgorazione. Fumetto completamente muto, lascia alle immagini e al loro montaggio il compito di raccontare una storia, ma la profondità delle vignette e la ricchezza dei loro dettagli costringe a una lettura lenta, da centellinare un pezzetto per volta. Si parla dell’immigrazione verso gli USA tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, degli sbarchi a Ellis Island e delle persone che arrivavano piene di paura e di speranza, con tocchi di surrealismo alternati alla cruda realtà. I brividi, ogni volta.
Atmosfera ben diversa per Gloria e fortuna, di Brian Michael Bendis (ed. Magic Press) che qui si firma in una insolita doppia versione: sceneggiatore e disegnatore. Il volume (al momento esaurito, non ho idea di perché nessuno lo ristampi ma si trova ancora nel mercato dell’usato) racconta le traversie creative di un autore che muove i primi passi nel mondo del fumetto, dell’editoria e perfino del cinema: un mondo pieno di paradossi, di situazioni ridicole e di personaggi al limite dell’assurdo, un ambiente in cui mantenere i piedi per terra e il buon senso è un’impresa epica. Esilarante la confessione su come Bendis impiegò il denaro del suo primo anticipo per un film tratto da un suo fumetto: acquistò una scorta di calzini, tanto straordinaria era la cifra. A pensarci bene, mi sa che questo dettaglio ricorda l’editoria italiana.
Il diario di viaggio del fumettista Guy Delisle intitolato Pyongyang è reperibile oggi nell’edizione Rizzoli Lizard (io ho la precedente, targata Fusi Orari) e racconta la trasferta che Delisle dovette compiere in Corea del Nord per ragioni di lavoro nel 2001, quando ancora il dittatore locale era Kim Jong-Il (padre dell’attuale Kim Jong-Un). Il resoconto mette in luce, con uno sguardo a volte stupito, a volte disincantato, a volte ironico per non dire parodistico, varie caratteristiche del regime: l’onnipresente atmosfera marziale, l’assoluta impossibilità per i visitatori di muoversi senza una guida, la deferenza per il “padre della patria” Kim Il-Sung, la propaganda nazionalista. Quando per l’autore giunge il momento di ripartire, viene da tirare un sospiro di sollievo.
Rughe (ed. Tunuè) credo sia tuttora l’opera per cui Paco Roca è più noto, sebbene dall’epoca della sua pubblicazione l’autore spagnolo abbia poi scritto e disegnato molto altro. Si tratta di un percorso dolente e commosso nella mente di un anziano che soffre del morbo di Alzheimer, costruito in modo da far percepire al lettore le illusioni in cui vive quest’uomo, le conseguenze sempre più pesanti della malattia sulla vita di tutti i giorni, il momento di fare i conti con il trasferimento in una struttura protetta e con i ricordi che svaniscono uno a uno. Senza contare la progressiva sparizione del figlio, incapace di accettare quello che sta succedendo all’anziano padre. Una pugnalata, di quelle ben scritte però.
Dopo una lettura così straziante, mi ci voleva qualche risata. Ho ripescato il volume antologico Dieci anni di Calvin & Hobbes, dello stupefacente Bill Watterson (ed. Comix) che contiene una selezione delle più belle strisce del fantastico duo bambino – tigrotto, intervallate da commenti e ricordi dell’autore. La tenerezza del rapporto di amicizia fra Calvin e il suo amico quasi immaginario tocca il cuore ogni volta: la vita in famiglia, a scuola, in giardino e nel parco giochi, tutto è analizzato dallo sguardo di Calvin con una spontaneità tale da far tornare bambini anche noi, durante la lettura. E poi chiudiamo il volume (questo, o uno dei tanti dedicati a Calvin & Hobbes) portandoci dietro almeno per un po’ quello sguardo acuto, e leggendo il mondo in maniera più ingenua, eppure anche più disincantata del normale.