Letture di Giugno 2020
Mese impegnativo in famiglia, questo, tante questioni a cui star dietro e giri da fare. Quindi ho pensato di scegliere letture veloci e/o semplici, non dico per nulla impegnative ma almeno scritte in modo particolarmente scorrevole.
Ho iniziato con due letture brevi, quindi racconti, editi entrambi da Delos Digital. Uno è I custodi di Heloyin e l’ultima progenie di Loriana Lucciarini, un fantasy classico nel quale facciamo la conoscenza di un gruppo di protagonisti destinati a lasciare le loro vite per dedicarsi a un’impresa di enormi proporzioni, in un mondo sull’orlo della distruzione a causa della guerra scatenata da un invasore implacabile. La storia ha un finale talmente aperto da poter dare per scontato un seguito, in cui si possano vedere effettivamente in azione i quattro personaggi: ciascuno di loro ha qualcosa da dire, ma per adesso la situazione è ancora troppo embrionale per capirne di più, bisognerà dare fuoco alle polveri con il seguito. Nel frattempo, e pensando appunto al futuro a mio avviso serve un editing più puntiglioso.
L’altro racconto si trova nel catalogo Delos da diverso tempo: è Sette giorni e sette notti di Laura Gay, e appartiene al genere erotico che, onestamente, non è mai stato fra i miei preferiti: avevo solo letto qualche estratto, qualche testo gratuito in giro per la rete, varie fan-fiction, e ho sempre pensato che ne avevo già avuto abbastanza. Ma bisogna saper allargare la propria visione, e allora mi sono detta «proviamo». Anzitutto nulla da dire sulla forma: un italiano ineccepibile, chiaro e concreto, con qualche punta di (giustificata) volgarità, senza inutili voli pindarici o metafore visionarie. Quando al contenuto, l’ho visto un po’ come un’applicazione da manuale del “viaggio dell’eroe” in forma d’eros: l’incontro fatale, l’attrazione, le scoperte fra le lenzuola, il mero rapporto fisico che diventa qualcosa d’altro, il momento critico a poche pagine dal finale risolutivo. Non posso dire che mi abbia travolto, era tutto abbastanza prevedibile, ma devo dare atto che il testo dà onestamente quello che promette, né più né meno.
Ho poi scelto un chick-lit di Anna Zarlenga, ovvero Spiacente, non sei il mio tipo (ed. Newton Compton), che come tutti i chick-lit ha avuto il merito di farmi ridere e sorridere in un periodo in cui ne ho davvero bisogno. Il fatto che la storia sia ambientata almeno in parte in una facoltà universitaria, poi, è stato un ulteriore motivo di affetto per il libro, dal momento che per l’Università provo un senso di adorazione che, a tanti anni di distanza dalla laurea, ancora non mi lascia. Stranamente, ho apprezzato i due protagonisti invece di buttarmi a pesce sui comprimari, che di solito mi attirano di più. Lui pieno di sé ma neanche troppo antipatico, lei un caratterino che tanti auguri a chi la frequenta, ma anche la capacità di accettare momenti di debolezza e tentazione senza farsene una croce a vita. Insomma una lettura allegra.
Infine sono passata alla saggistica divulgativa, con l’edizione in brossura del libro Io trafficante di virus, scritto da Ilaria Capua (ed. Rizzoli) che racconta in prima persona l’odissea mediatica e giudiziaria abbattutasi su di lei nel 2014 e risoltasi con pieno proscioglimento nel 2016. La nota scienziata italiana, che ora risiede negli Stati Uniti (e questo anche grazie a coloro che la misero sotto torchio con un raro misto di incompetenza e malafede), ripercorre le tappe della sua carriera e della sua vicenda alle prese con articoli e inchieste, ma anche, più in generale, con l’inefficienza della burocrazia italiana e le ingerenze politiche nel percorso della ricerca scientifica. Volendo anche fare la tara al fatto che il testo sia scritto dalla diretta interessata (con l’aiuto di un giornalista/editor), ne viene fuori un desolante ritratto di quell’Italia “ai piani alti” (politica, magistratura, giornalismo, baronie universitarie) che quando ha la fortuna di ritrovarsi con un’eccellenza della ricerca scientifica mondiale, finisce per spedirla all’estero. Le parti più interessanti del libro sono, secondo me, quelle in cui si sostiene il principio della resilienza e del voler ricominciare, anche più e più volte se necessario, sempre giocando al rialzo, caparbiamente, con aspettative e obiettivi.
Dello stesso tenore, anche se dedicato ad eventi meno devastanti e conosciuti, è Fuori dal comune di Elisa Serafini (self-published) che contiene una serie di aneddoti e situazioni vissute dall’autrice nel breve periodo in cui ricoprì un ruolo da assessore per il Comune di Genova. Breve periodo, dicevo, perché la quantità di richieste illecite, raccomandazioni, mezze verità, boicottaggi e altri episodi poco gratificanti con cui si trovò a che fare la spinsero abbastanza presto a rassegnare le dimissioni e a darsela a gambe dal mondo della politica locale, a volte anche più subdola e oscura di quella nazionale. Serafini tira fuori parecchi nomi e cognomi, cifre, enti, testate giornalistiche: insomma un bel viaggetto nei meandri di un Comune italiano, rappresentativo di tanti altri, sperando che le proposte dell’autrice per una politica locale più trasparente ed efficiente possano un giorno trovare fortuna.