“Il libro è quella cosa” di Nicola Gardini – Librini
Il libro è quella cosa, di Nicola Gardini, fa parte della collana I piccoli grandi libri dell’editore Garzanti, che apprezzo per l’agilità e la varietà (anche se, talvolta, proprio la varietà è tale che fa sentire un po’ spaesati).
[Nota di servizio: “Librini” è una rubrichetta di questo blog, dedicata a volumetti super-agili da leggere d’un fiato.]
Questo librino, uscito alla fine del 2020, raccoglie un insieme di riflessioni, a volte così brevi da ricadere nel genere dell’aforisma, sul legame che unisce i libri al lettore e che li rende tanto amati, ambiti, preziosi. Questi ragionamenti sono divisi in tre sezioni, e stupisce che la prima, decisamente più abbondante delle seguenti, si intitoli “Comprare libri” (le altre sono “La rete dei libri” e “L’arte di leggere”). Vi si parla di aspetti che spesso passano in sordina: il rapporto con il libro in quanto oggetto, il fatto che abbia una sua fisicità e che se ne abbia una percezione materica, oltre che intellettuale nel momento in cui lo si legge.
Ci sono considerazioni che sembrano appartenere più all’ambito della bibliofilia che all’ambito della lettura; che descrivono, senza giudicare, atteggiamenti e comportamenti dell’acquirente di libri, colui che i volumi se li coccola, li ammira, li guarda nella libreria di casa gustando il momento in cui ne leggerà uno che aspetta da anni, o li intravede mentre passa da una stanza all’altra ed è felice di quella presenza silenziosa.
Credo che “senza giudicare” sia la giusta chiave di lettura. All’inizio, alcune riflessioni mi sembravano quasi fuori luogo: come fai a giustificare chi (come me) acquista compulsivamente libri che non sa se farà mai in tempo a leggere in vita sua? Gardini suggerisce che ci sia un valore anche nella lettura “in potenza”, nell’aspettativa, perfino nella gelosia che riusciamo a provare per i libri. E non è un punto di vista scontato.
Mi ha anche fatto ricordare che il luogo di casa mia in cui per ragioni pratiche passo meno tempo, eppure nel quale mi sento più “protetta” e più “capita”, è la mansarda, dove tengo la maggior parte delle mie collezioni di fumetti. Perché fra le coste, le copertine e i fascicoli, tutti accumulati uno contro l’altro a rivestire ogni parete, ci sono ricordi, c’è un senso di continuità, c’è il gusto di una passione che attraversa, appunto, anche una dimensione fisica. E a volte è giusto tenerlo presente.