Il canto della rivolta, di Suzanne Collins – Distopico
Il canto della rivolta (ed. or. Mockingjay) è il terzo volume di Hunger Games, la trilogia distopica di Suzanne Collins portata alla fama mondiale dai quattro film con Jennifer Lawrence. Le mie impressioni sul primo volume si trovano in questo post; quelle sul secondo, in quest’altro post.
Una delle ragioni per cui ho scelto di leggere questa trilogia in inglese è proprio il titolo originale di questo terzo volume. Si intitola infatti Mockingjay, facendo riferimento cioè al nome di un uccello che esiste solo nella saga di Hunger Games, nato da un incrocio fra un jabberjay e un mockingbird: il primo è un piccolo uccello nero creato dalla dittatura di Capitol City e utilizzato come spia, mentre il secondo esiste davvero in natura ed è il cosiddetto “tordo americano”.
In italiano, mockingbird è stato tradotto con “ghiandaia imitatrice”, che è un discreto pasticcio ornitologico; anche perché il tordo appartiene alla famiglia dei Turdidi, mentre la ghiandaia a quella dei Corvidae, quindi non mi è chiaro come l’una possa discendere dall’altro. Ma soprattutto è un problema di efficacia in copertina: l’idea che il terzo libro di Hunger Games dovesse intitolarsi “Ghiandaia imitatrice” non sarà piaciuta nemmeno un po’ all’editore italiano… che quindi ha optato per “Il canto della rivolta”, in riferimento alle capacità canore appunto delle mockingjay e alla canzone The Hanging Tree. Fermo restando che non si tratta affatto di un brutto titolo, ho comunque preferito aggirare il tutto affrontando i testi in lingua originale – cosa che consiglio a chiunque ne abbia la possibilità perché, non mi stanco di ripeterlo, Suzanne Collins fa uso di un inglese veramente liscio e scorrevole, che aiuta a seguire la storia senza intoppi.
Ho apprezzato questo terzo volume più del primo, ma meno del secondo. Forse perché la parte più spiccatamente di azione e avventura cede un po’ il passo a intrighi e lotte politiche, le quali alla lunga tendono a stancarmi. In compenso c’è il valore aggiunto portato dal tema della ribellione, perché in questo terzo romanzo avviene finalmente ciò che il lettore aspetta pazientemente fin dalle righe iniziali del primo: ovvero che i Dodici Distretti si ribellino alla dittatura e mettano al suo posto il cattivone della storia. Ho amato in particolar modo l’evoluzione del personaggio di Gale, che ha un suo arco di trasformazione davvero ben definito, anzi lo trovo più interessante rispetto a quello di Katniss. E ho apprezzato la coerenza di vari dettagli con le informazioni seminate nei due libri precedenti, un worldbuilding che l’autrice aveva chiaro fin dalla prima riga del primo volume e di cui ora può spargere i frutti a piene mani.
Lettura nel complesso gradevole e stimolante (quella dell’intera trilogia, dico), secondo me consigliabile anche se, come nel mio caso, si sono già visti i film ma se ne conserva un ricordo non troppo dettagliato.