Echo chamber: se il brand diventa un limite
C’è una montagna di gente che, leggendo Outside o anche solo sapendo che l’ho scritto, commenta: è assurdo che proprio tu abbia scritto un libro del genere!
E questo mi ha dato da pensare.
Cioè: mi dà da pensare il fatto che perfino una sciocchezza come un’autrice esordiente che scrive un romanzo di un determinato genere (nel mio caso un chick-lit), lontano dalle sue esperienze precedenti, debba suonare assurdo.
Adesso, un po’ di stupore posso anche capirlo, in fondo per gran parte della mia vita ho letto e studiato roba diversa. Ed è vero che tanti scrittori, o fumettisti, o registi, tendono a specializzarsi in un certo genere, e suonerebbero “strani” se facessero altro.
Ma così tanto “strani” da suonare addirittura fuori posto? Perché ho proprio sentito dire “questa non sei mica tu”. E parlo di persone oneste, competenti, che mi conoscono bene.
Allora ho pensato: possibile che ci stiamo abituando così tanto a “catalogarci” in modo semplice, da riconoscere con tanta fatica uno scostamento dalle nostre aspettative? È così forte il potere dei bias cognitivi?
Il pensiero successivo è stato: qui stiamo esagerando con le echo chamber – concetto su cui rimugino da quando l’ho visto citato più volte nel libro Postverità di cui ho parlato in questo post.
È una echo chamber l’elenco dei propri contatti su Facebook o su altri social, persone che al 99% la pensano allo stesso modo e anzi denigrano in maniera più o meno sottile chi la vede diversamente (in politica, sport, arte, cultura…).
È una echo chamber quando, per informarci sul mondo, utilizziamo sempre le stesse fonti (in tv, sui quotidiani, sul web) dando per scontato che le altre scelgano e descrivano le notizie a modo loro e invece le nostre nooo, quando mai.
È una echo chamber quando leggiamo sempre lo stesso genere di libri e fumetti, o guardiamo sempre lo stesso genere di film e serie tv, considerandoli gli unici veramente “degni” rispetto a certa robaccia da supermercato, o rispetto a certe astrusità da intellettuali pretenziosi.
Mi verrebbe da estendere il concetto fino a pensare che sia una forma di echo chamber anche relegare il nome di un autore o di una autrice sempre allo stesso genere, tanto che se quella stessa persona volesse cimentarsi con generi diversi dal solito, in tanti sostengono che dovrebbe farlo usando un altro nome, indossando una maschera, insomma cambiando brand, per non generare confusione nei lettori.
Brand?
Cioè… lo capisco che nel mondo dal punto di vista del marketing e della comunicazione, il nome di uno/a che scrive è come una marca di patatine fritte, né più né meno. Io stessa scrivo sotto pseudonimo (per MIA volontà, però).
Eppure… davvero per un lettore è così difficile accettare che la sua scrittrice preferita, che so, di fantasy per ragazzi, a un certo punto decida di voler scrivere storie di spionaggio? (o il contrario)
Davvero per uno spettatore è così difficile accettare che il suo regista preferito, che so, di film d’azione e avventura, a un certo punto decida di voler girare un film intimista? (o il contrario)
Possibile che tutti noi, più o meno consciamente, desideriamo vivere in una echo chamber che ci faccia sentire sicuri, coccolati dalle nostre abitudini, senza la percezione di alcuna dissonanza che potrebbe (Dio non voglia!) darci la sensazione di essere un po’ meno perfettini?
Insomma ho pensato che di echo chamber ne ho abbastanza, che non posso selezionare le mie conoscenze e i miei gusti in modo così drastico; il che è poi anche il motivo per cui, su questo blog come sul mio profilo Instagram, mi vedrete sempre recensire e segnalare libri, fumetti, film e serie tv di generi diversissimi fra di loro, senza limitarmi a uno solo (anche se, mi rendo conto, perdo quella forma di appeal dovuta alla specializzazione). Aggiungo che non è possibile avere uno sguardo approfondito su un certo argomento se manca il confronto con ciò che quell’argomento non è.
Tornando all’origine di questa riflessione: se una che ha passato la vita a leggere, studiare e progettare storie drammatiche decide che una volta tanto vuole scrivere una storia divertente e romantica (o più di una), orientata al puro relax, vuol dire che una potenziale echo chamber non ha funzionato.
Ed è una buonissima notizia.