Dieci libri da full-immersion
“Dieci libri per le vacanze” è un tormentone che sbuca puntualmente all’inizio di ogni estate su riviste, blog, supplemento culturali di quotidiani, eccetera. Ho pensato che, se dovessi consigliarti io qualche libro, sceglierei quelli che mi hanno causato l’effetto-droga: quei libri che non vorresti mai posare, che appena hai mezzo secondo libero vai avanti ancora un po’. Così eccoli qua, se vuoi provare la stessa esperienza, magari durante una giornata di spaparanzo in spiaggia o in piscina o in montagna o semplicemente sul divano di casa. Te li elenco nell’ordine in cui li ho letti io, in vari momenti dei miei primi 48 anni.
Emilio Salgari, Le due tigri – In realtà, libri di Salgari ne ho divorati a decine e quasi tutti alla velocità della luce, però questo lo ricordo con un trasporto speciale perché è stato il mio primo cross-over: Sandokan (quello delle Tigri di Mompracem e di tanti altri romanzi) andava ad affrontare il nemico giurato di Tremal-Naik (quello dei Misteri della giungla nera). Ai tempi, un evento più unico che raro. Memorabile.
Leo Buscaglia, Vivere, amare, capirsi – Ero in un periodaccio di quelli veramente schifosi, non me ne andava dritta una, non sapevo da che parte girarmi. Mi serviva una bussola e questo libro (perfino con i suoi eccessi melensi, che a rileggerli adesso mi sembrano quasi insopportabili) me ne ha data una. Mi ci sono tuffata una sera e dopo le prime cinque pagine avevo capito che mi era entrato dentro e non l’avrei più mollato fino all’ultima riga, rileggendolo tante altre volte nei mesi a venire.
Marion Zimmer Bradley, Le nebbie di Avalon – Nessun libro di narrativa, prima di allora, mi aveva fatto un effetto simile. Ore e ore di seguito col naso in mezzo alle pagine, a riscoprire evento dopo evento una saga di cui io conoscevo ovviamente la versione tradizionale e non quella riscritta dal punto di vista delle protagoniste femminili, tante e ciascuna così diversa dall’altra. Ho rischiato di arrivare impreparata a un esame perché passavo il tempo a leggerlo e rileggerlo invece che a studiare.
Umberto Eco, Il nome della rosa – È difficile e lungo e ambizioso e colto all’inverosimile, può spaventare; eppure il mistero alla base della storia ti chiama con una forza incontenibile, oltre che con assoluta compassione (nel senso etimologico) per protagonisti e comprimari. Sembra di essere lì con loro. Perfino l’abbazia è quasi un personaggio a sé stante, un ambiente chiuso a mo’ di labirinto, che in ogni stanza o corridoio ha qualcosa da svelare o da nascondere.
Ken Follett, I pilastri della terra – Un romanzo storico con tanti di quei personaggi per cui provare empatia in tutte le possibili declinazioni, che la metà bastavano e in realtà no, non bastavano affatto, uno ne vorrebbe ancora e ancora. La scioltezza con cui Follett sa proiettarti nelle vicende storiche ha del miracoloso, non c’è pesantezza né faciloneria né sfoggio di erudizione. Ho in lista di lettura i due seguiti; se sono appassionanti anche solo la metà di questo, mi considero già fortunata.
Neil Gaiman, Sandman – Essendo una serie a fumetti, non è solo opera di Gaiman ma anche dei disegnatori che si sono succeduti lungo i dieci volumi. Le sceneggiature sono impeccabili, c’è un equilibrio straordinario fra tensione e rilascio, e poi che personaggi, che pathos, che epilogo. C’è dentro la magia di un prodotto seriale che diventa saga, diventa universo narrativo, diventa un mare in cui è dolce naufragare (cit.).
Carlos Luis Zafón, L’ombra del vento – Effetto non solo trascinante, ma anche terrorizzante. Di libri più paurosi è pieno il mondo, eppure la figura minacciosa che girava per i vicoli di Barcellona mi teneva sveglia la notte. Oltre alla curiosità feroce di sapere cosa era successo nel passato di Julián Carax, e ricordo con precisione quel momento di epifania luminosa in cui la dolorosa verità mi si è parata davanti con la nitidezza di un’alba, e volevo solamente andare avanti a rotta di collo nella speranza di trovare sollievo.
Paola Barbato, Il filo rosso – Conoscendo come ragiona Paola (e solo per questa ragione, non per aver trovato “buchi” nel libro) avevo immaginato abbastanza in fretta l’identità della figura misteriosa che dirige il gioco, eppure ci tenevo a procedere spedita per verificare l’intuizione e accompagnare il protagonista. E sono pure stata premiata da un epilogo agghiacciante ma efficacissimo: il personaggio di Lara occuperà anche poco spazio e potrà sembrare spietato ma cavoli, lei da sola vale tutto il libro.
Michela Murgia, Accabadora – È stata una folgorazione che proprio non mi aspettavo: di solito prediligevo scrittori stranieri e con un approccio popolare, meno raffinato, ma qui sono rimasta conquistata in modo irresistibile dallo stile millimetricamente curato di un’autrice sarda, decisa a scavare nel passato della sua terra. Fatta eccezione per la parte ambientata in Piemonte, tutto ciò che accade in Sardegna è a metà fra la realtà più cruda e un afflato di tradizione quasi mistica che ti travolge.
Lorenza Ghinelli, Almeno il cane è un tipo a posto – Ero abituata agli altri romanzi di Lorenza, uno più struggente dell’altro, pieni zeppi di impegno, pathos, analisi interiore, resilienza, fatalità e altro ancora; così mi aspettavo qualcosa di coinvolgente ma adatto a una lettura posata, riflessiva, da centellinare. Invece è stato come farsi prendere da un turbine di risate miste a denuncia sociale e familiare, una mescolanza inedita di sapori: divorato con grande soddisfazione in poche ore.
LIBRO BONUS FUORI CRONOLOGIA (quindi il numero 11): J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli – È vero, bisogna svalicare le prime cento pagine, sopportare Tom Bombadil e il consiglio a Gran Burrone. Da lì in poi, però, diventa un’onda gigantesca che ti impone di cavalcarla col surf, di tuffartici dentro, di lasciarti trasportare. Centinaia di pagine che scorrono portandoti con sé in una specie di estasi letteraria infinita.