10 film per il weekend dell’8 marzo

Stavo pensando che fra due giorni è la festa della donna, e che purtroppo tante iniziative e manifestazioni sono state annullate per via del Coronavirus. Con tutto il tempo che occorre passare in casa, come possiamo onorare comunque una ricorrenza importante? Un modo, per quanto minimo, potrebbe essere dedicarsi a letture o a visioni televisive che ci rinfreschino la memoria sui temi principali del femminismo (quello sano) e siano di ispirazione per i tanti momenti della vita quotidiana in cui succede di dover fare fronte comune e/o reagire davanti a fenomeni squallidi di vario tipo.

A titolo squisitamente personale, ecco (in rigoroso ordine sparso) i 10 film “a tema” a cui sono più affezionata.

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Il diritto di contare (Hidden Figures, regia di Theodore Melfi, USA, 2017): perché mostra il potere dell’ostinazione e della competenza in un contesto che offre due forme di discriminazione allo stesso tempo: quella contro le donne e quella contro le persone con la pelle scura.

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Suffragette (Suffragette, USA, regia di Sarah Gavron, 2015): perché ci aiuta a ricordare come quelli che adesso consideriamo diritti acquisiti siano invece conquiste pagate a caro prezzo, neanche troppo tempo fa,  da donne che hanno messo in gioco la loro incolumità fisica e la loro libertà.

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Soldato Jane (G.I. Jane, regia di Ridley Scott, USA, 1997): perché nonostante sia eccessivo, estremista, prevedibile, banale e volgarotto, riesce a comunicare una gran voglia di rivalsa e simboleggia tutte le situazioni tipicamente maschili in cui la presenza di una donna viene derisa e sminuita.

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La donna perfetta (The Stepford Wives, regia di Frank Oz, USA, 2004), che è poi il remake di La fabbrica delle mogli (The Stepford Wives, regia di Bryan Forbes, USA, 1975): perché riesce a mettere in ridicolo il modello della perfetta mogliettina, ma soprattutto la società conservatrice che impone quel modello.

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Mona Lisa Smile (Mona Lisa Smile, regia di Mike Newell, USA, 2003): perché fa riflettere, all’interno di ogni società nel suo tempo e nel suo luogo, sulla compresenza di ideali e aspirazioni anche diametralmente opposte fra di loro, che troppo spesso si ritrovano in competizione invece che in pacifica coesistenza.

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Mustang (Mustang, regia di Deniz Gamze Ergüven, Francia, 2015): perché mette in luce come, in determinate culture, le donne siano ancora sottoposte a forme di schiavitù che buona parte della cosiddetta civiltà occidentale ha superato, spesso e volentieri grazie alle Suffragette di cui sopra.

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Thelma & Louise (Thelma & Louise, regia di Ridley Scott, USA, 1991): perché ci mostra il momento in cui la sacrosanta ribellione degenera e diventa un misto di pericolo e ingiustizia, destinato a finire in una spirale che può solo peggiorare. Chissà quante donne si sono davvero trovate in simili corto-circuiti.

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Calendar Girls (Calendar Girls, regia di Nigel Cole, UK, 2003): perché dipinge con uno sguardo dolce ma anche pragmatico quel che un modesto gruppetto di signore di mezza età può ottenere affrontando una sfida con tenacia e voglia di mettersi in gioco, due doti che non sempre riusciamo a risvegliare in noi.

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7 minuti (7 minuti, regia di Michele Placido, Italia/Francia/Svizzera, 2016): perché mette in scena una moltitudine di personaggi, ciascuno con le sue caratteristiche ben definite, e mostra quanto per mantenere le conquiste sia necessaria una costante alleanza fra vecche e nuove generazioni.

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Pomodori verdi fritti (alla fermata del treno) (Fried Green Tomatoes, regia di Jon Avnet, USA, 1991): perché racconta come storie vecchie di anni, ma ricche di una carica eversiva capace di muovere le montagne, siano in grado di ispirare le generazioni successive a ribaltare gli schemi e trovare nuove strade.

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