Spider-Man: Far from Home – Fantasy
Spiderman: Far from Home è, lo dico con grande convinzione, uno dei più bei film di supereroi del Marvel Cinematic Universe. E lo dico da non-fan del personaggio che, rispetto ai miei gusti e al mio carattere, già dalla sua versione a fumetti non ha mai avuto il fascino dei vari membri degli Avengers, né di Daredevil, né degli X-Men (che sono il mio grande eterno assoluto amore supereroico).
Attenzione, da qui in poi ci sono degli spoiler: non procedere con la lettura se ti danno fastidio.
Intanto mi è piaciuto il villain: come quello di Spider-Man: Homecoming ha motivi comprensibili per essere diventato “cattivo” (solite questioni di gelosie, rivalità, fallimenti professionali) ma ci aggiunge un pizzico di follia e di ossessione che, oltre a caratterizzarlo, gli permettono di vibrare la stoccata finale a Spider-Man nel modo più inaspettato (insomma dopo i titoli di coda).
Il personaggio di MJ, come avevo immaginato, è divertente e sarcastico; una outsider che non va necessariamente d’accordo con tutti (come avrebbero fatto le Mary Jane Watson o Gwen Stacy di una volta) ma è fedele al suo carattere e non cerca né invidia la popolarità altrui. Proprio come Peter, è a suo agio in diverse situazioni ma diventa impacciata quando si parla di sentimenti, il che rende il difficile corteggiamento di Peter non a senso unico.
Ma il tema che davvero contraddistingue il film è quello dell’eredità del mentore (Tony Stark): Peter passa attraverso un’infinità di sentimenti, come il lutto, il senso di vuoto, il terrore di non essere all’altezza, la tentazione di fuggire da un confronto troppo impegnativo, e finalmente la determinazione a dimostrarsi un degno erede. La scena in cui Peter si serve di uno dei computer olografici di Tony per realizzare un nuovo costume, sotto gli occhi di Happy Hogan che rivede in lui una giovane versione del suo ex-capo, è commovente.
Splendide anche le due scene post-credit. La prima tira fuori un notevole coniglio dal cilindro, che voglio proprio vedere come riusciranno a gestire in futuro (spero non ricorrano alla trovata del patto con il diavolo a cui assistemmo nei fumetti in una circostanza simile), oltre a introdurre J. Jonah Jameson interpretato dallo stesso J.K. Simmons che gli aveva dato il volto nella trilogia con Tobey Maguire, e anche questa è una stranezza che dovrà avere una spiegazione. La seconda è poco più di una battuta, ma inizia con un’inquadratura che costringe il Marvel fan a un salto sulla poltrona e trovarsi in testa una domanda martellante: nel MCU, troverà posto prima o poi la saga di Secret Invasion? (magari, dico io!)
E comunque in questo film c’è stato un posticino anche per Maria Hill, vice-comandante dello S.H.I.E.L.D., che è sempre un valore aggiunto, lo so, le donne in uniforme e bazooka sono un mio punto debole. Si era limitata a un cameo minuscolo sia in Avengers: Infinity War che in Avengers: Endgame e, risalendo indietro nel tempo, credo che la sua ultima apparizione con un minimo di sostanza sia stata in Avengers: Age of Ultron.
A titolo di chiusura: il trofeo per la battuta migliore secondo me va dato a zia May (a proposito, questa May giovanile interpretata da Marisa Tomei inizia ad avere un suo perché). «Quindi sai schivare i proiettili e non sai schivare le banane?»