“La targa” di Andrea Camilleri – Librini
“La targa” è un altro racconto che ho scovato nella libreria della vecchia casa dei miei genitori, pubblicato sotto forma di libercolo nella collana Inediti d’autore allegata al Corriere della Sera (la stessa collana a cui avevo già accennato in questo post). Scritta da Andrea Camilleri, è una storiella ironica, scritta in un vero/finto siciliano, che si svolge nel 1940 nel paesotto di Vigata, dove i festeggiamenti dei fascisti per l’entrata in guerra dell’Italia vengono interrotti dalla morte di don Manuele Persico, un anzianissimo e rispettatissimo abitante del paese, da sempre stimato come uomo di incrollabile fede fascista.
Attenzione, da qui in poi ci sono degli spoiler: non procedere con la lettura se ti danno fastidio.
I suoi amici e camerati si attivano immediatamente per raggiungere due obiettivi a loro avviso dovuti, vista l’ammirazione che nutrono per il deceduto: intitolargli una strada e far avere una pensione di reversibilità alla sua vedova… una bellissima venticinquenne che lui aveva sposato tre anni prima (senza quindi aver potuto consumare il matrimonio, vista l’età già avanzata) solo per offrirle un tetto sulla testa, visto che la ragazza era rimasta improvvisamente vedova. La storia va quindi avanti seguendo le vicissitudini degli amici che, da un lato, per affiggere la targa con il testo più opportuno nella via intitolata a don Manuele devono far luce su tanti momenti della sua vita scoprendo via via dettagli che avrebbero preferito ignorare; e, dall’altro lato, girano intorno a casa di don Manuele con il nobile intento di confortare la bella e giovane vedova, peraltro felicissima di lasciarsi “consolare” anche da più di un amico, dopo tanto tempo di solitudine coniugale.
I tentativi dei camerati e i loro goffi corteggiamenti si intersecano mettendoli più volte in difficoltà, mentre il testo da incidere sulla targa cambia in continuazione con risultati esilaranti. Il racconto riesce a mettere in luce non solo la retorica fascista, notoriamente tronfia e pomposa, ma anche l’abitudine a una burocrazia esasperante che finisce per causare comici imbarazzi da cui non si sa più come uscire.
Una lettura leggera, capace di far riflettere con il sorriso.